Nota
biografica
Albert
Einstein nacque a Ulm (Württemberg) il 14 marzo 1879. Fece i primi
studi a Monaco di Baviera nel ginnasio di Liutpold ed ebbe la prima
educazione matematica da uno zio ingegnere.
Nel 1894, in seguito a un rovescio di fortuna, la famiglia Einstein
lasciò la Germania e si trasferì in Italia dove il padre lavorò come
elettrotecnico a Milano, a Pavia, a Isola della Scala e in altre
località del Veneto.
Il giovane Albert peregrinò fino a Genova donde emigrò in Svizzera e,
fra non lievi difficoltà economiche, si iscrisse alla scuola cantonale
di Aarau, dove vi guadagnò il certificato di ammissione alla celebre
scuola politecnica di Zurigo.
Qui nel 1910 conseguì la laurea e l'abilitazione all'insegnamento della
matematica e fisica. Nel 1911 ottenne la cittadinanza svizzera e si
occupò come perito tecnico dell'Ufficio Federale dei Brevetti di Berna.
Gli anni dal 1902 al 1909 rappresentano il periodo della sua più
intensa produzione scientifica.
La
scoperta dei fondamenti della teoria speciale della relatività
(relatività in senso stretto o dei moti multiformi e rettilinei) gli
valse nel 1912 la nomina a professore ordinario di matematiche superiori
nel Politecnico di Zurigo.
Nel novembre 1913 ebbe una cattedra di fisica nell'accademia prussiana
delle scienze di Berlino e nella primavera del 1914, succedendo a Enrico
Van't Hoff, fu chiamato a dirigere il Kaiser-Weilhelm-Institut per la
fisica.
Nel 1933 le persecuzioni politiche e razziali del nazismo indussero
Einstein a lasciare l'Europa.
Emigrò negli Stati Uniti d'America ed entrò a far parte dell'Institute
for Advanced Studes di Princeton, dove morì nel 1955.
Albert
Einstein ha dato alla fisica moderna il contributo di una creazione
geniale che rimarrà nei secoli futuri una delle pietre miliari nella
storia del pensiero umano.
Nel 1905, con la memoria Zur Elektrodynamik bewegter Körper, gettò le
basi della teoria speciale della relatività, fondata sulla costanza
della velocità della luce nel vuoto quale limite superiore dell'osservabilità
di qualsiasi fenomeno.
Uno dei risultati che Einstein aveva dedotto da questa teoria, e cioè
che massa ed energia sono equivalenti, doveva avere quarant'anni dopo
una terrificante conferma, con una forza di distruzione mai conosciuta:
lo scoppio della prima bomba atomica.
Pochi sanno che in questo avvenimento Einstein ebbe una parte
fondamentale.
Si deve al suo diretto intervento se il Presidente Roosevelt mise a
disposizione i colossali capitali necessari per quelle ricerche che
dovevano portare alla bomba di Hiroshima.
Nel 1939 i fisici Fermi e Szilard erano pervenuti a importanti risultati
nel campo della fisica atomica, in particolare nella disintegrazione
dell'uranio, e avevano intuite le tremende possibilità derivanti
dall'impiego dell'energia atomica per scopi bellici.
Tuttavia essi sapevano che non sarebbero stati ascoltati a meno che la
questione non venisse direttamente presentata da un'alta personalità
mondiale; Fermi e Szilard conferirono con Einstein.
Einstein non desiderava immischiarsi in questioni militari, ne tantomeno
desiderava incoraggiare la costruzione dell'arma più terribile che
fosse mai stata costruita dall'uomo.
Tuttavia egli sapeva bene che se la Germania fosse giunta per prima in
possesso dell'energia atomica, non avrebbe esitato ad usarla come
strumento di dominazione del mondo.
Pochi
giorni dopo Einstein scriveva al Presidente Roosevelt: "Alcuni
recenti lavori di E. Fermi e di L. Szilard, che mi furono presentati
manoscritti, mi convincono che l'elemento uranio possa essere usato come
nuova ed importante fonte di energia nel prossimo avvenire... Una sola
bomba di questo tipo... che esplodesse in un porto... potrebbe assai
facilmente distruggere l'intero porto insieme al territorio
circostante".
Tralasciando i lavori, del resto notevoli, che egli ha compiuto sulla
teoria dei moti browniani, sulla teoria statica dei campi
gravitazionali, e il poderoso contributo apportato alla teoria dei
quanti (si deve ad Einstein l'ipotesi del "fotone"), non si
può trascurare, per la sua immensa portata, l'ormai classica memoria
apparsa nel 1916: Die Grundlagen der allgemeinen Relativitatstheorie.
Essa comprende una nuova teoria della gravitazione con le sue più
brillanti conseguenze e previsioni: spiegazione dell'accelerazione
secolare nei perieli dei pianeti; deflessione dei raggi luminosi in un
campo gravitazionale; spostamento delle righe dello spettro verso il
rosso ecc.
Questa teoria doveva avere nel 1919 una clamorosa conferma dai fatti.
Ed ecco come: nella sua teoria Einstein aveva predetto lo spostamento
delle immagini stellari durante una eclisse totale di sole (deflessione
dei raggi luminosi in un campo gravitazionale).
Il
29 marzo 1919 si sarebbe verificata una eclisse totale di sole che
poteva offrire favorevoli condizioni per la verifica della teoria di
Einstein.
La Royal Society e la Royal Astronomic Society di Londra incaricarono un
comitato presieduto dall'illustre fisico Sir Arthur Eddington di fare i
preparativi per una spedizione nella zona in cui il sole sarebbe apparso
totalmente oscurato.
Furono inviate due spedizioni in due punti molto lontani fra loro entro
la zona di eclisse totale: una nel Sobral, nord del Brasile, l'altra
nelle isole Principe, golfo di Guinea.
Il 6 novembre 1919 la Royal Society e la Royal Astronomic Society
annunciarono che i raggi di luce sono effettivamente deviati nel campo
gravitazionale del sole e proprio nella quantità predetta dalla nuova
teoria di Einstein.
A. N. Whitehead, presente a quella seduta, racconta fra l'altro:
"Fu per me una fortuna essere presente alla seduta della Royal
Society a Londra quando l'Astronomer Royal annunciò che le lastre
fotografiche della famosa eclisse, misurate dai suoi colleghi
nell'osservatorio di Greenwich, avevano confermato la predizione di
Einstein secondo la quale i raggi deviano passando vicino al sole.
Vi era un'atmosfera di dramma greco.
Noi eravamo il coro che commentava i decreti del destino, rivelati dallo
svolgersi di avvenimenti eccezionali... sullo sfondo il ritratto di
Newton a ricordarci che la più grande generalizzazione scientifica
stava ora, dopo più di due secoli, per ricevere la prima
modificazione... Una grande avventura del pensiero era giunta salva alla
riva..."
In quel tempo era presidente della Royal Society Sir J. Thomson, il
famoso fisico.
Nell'aprire la seduta egli definì la teoria di Einstein "uno dei
piu grandi successi della storia del pensiero umano", e aggiunse:
"Non è la scoperta di un'isola fuori mano, ma di un intero
continente di nuove idee scientifiche".
Negli ultimi anni della sua vita Einstein lavorava a una "teoria
generalizzata della gravitazione", tendente a legare in un'unica
relazione le due teorie della relatività e dei quanti.
Einstein avvertiva tuttavia: "A causa di difficoltà matematiche
non ho ancora trovato il modo pratico di controllare i risultati della
mia teoria con una dimostrazione sperimentale".
A
conclusione di queste brevi considerazioni, vogliamo riportare il
giudizio sull'opera di Einstein di un grande fisico francese, Louis de
Broglie, cui si devono fra l'altro, le idee nuove che stanno alla base
della meccanica ondulatoria: "per tutti gli uomini colti, siano
essi o meno votati a qualche ramo della Scienza, il nome di Albert
Einstein evoca lo sforzo intellettuale geniale, che capovolgendo i dati
più tradizionali della fisica è riuscito a stabilire la relatività
delle nozioni di spazio e di tempo, l'inerzia dell'energia e
l'interpretazione in qualche modo puramente geometrica delle forze di
gravitazione.
E' infatti questa un'opera ammirevole, paragonabile alle più grandi
opere che s'incontrano nella storia delle scienze, ad esempio quella di
Newton; di per se stessa, basterebbe ad assicurare al suo autore una
gloria imperitura".
Come io vedo il mondo
Società
e Personalità
Se
consideriamo la
nostra esistenza e i nostri sforzi, rileviamo subito che tutte le nostre
azioni e i nostri desideri sono legati all'esistenza degli altri uomini
e che, per la nostra stessa natura, siamo simili agli animali che vivono
in comunità.
Ci nutriamo di alimenti prodotti da altri uomini, portiamo abiti fatti
da altri, abitiamo case costruite dal lavoro altrui.
La maggior parte di quanto sappiamo e crediamo ci e stata insegnata da
altri per mezzo di una lingua che altri hanno creato.
Senza la lingua la nostra facoltà di pensare sarebbe assai meschina e
paragonabile a quella degli animali superiori; perciò la nostra
priorità sugli animali consiste prima di tutto - bisogna confessarlo -
nel nostro modo di vivere in società.
L'individuo lasciato solo fin dalla nascita resterebbe, nei suoi
pensieri e sentimenti, simile agli animali in misura assai difficile ad
immaginare.
Ciò che è e ciò che rappresenta l'individuo non lo e in quanto
individuo, ma in quanto membro di una grande società umana che guida il
suo essere materiale e morale dalla nascita fino alla morte.
Il valore di un uomo, per la comunità in cui vive, dipende anzitutto
dalla misura in cui i suoi sentimenti, i suoi pensieri e le sue azioni
contribuiscono allo sviluppo dell'esistenza degli altri individui.
Infatti abbiamo l'abitudine di giudicare un uomo cattivo o buono secondo
questo punto di vista.
Le qualità sociali di un uomo appaiono al primo incontro, le sole
valevoli a determinare il nostro giudizio su di lui.
Eppure anche questa teoria non è rigorosamente esatta.
Non è difficile comprendere che tutti i beni materiali, intellettuali e
morali ricevuti dalla società sono giunti a noi nel corso di
innumerevoli generazioni di individualità creatrici.
Quello di oggi è un individuo che ha scoperto in un sol colpo l'uso del
fuoco, un individuo che ha scoperto la coltura delle piante nutritive,
un individuo che ha scoperto la macchina a vapore.
Libertà
spirituale degli individui e unità sociale
E tuttavia solo
l'individuo libero può meditare e conseguentemente creare nuovi valori
sociali e stabilire nuovi valori etici attraverso i quali la società si
perfeziona.
Senza personalità creatrici capaci di pensare e giudicare liberamente,
lo sviluppo della società in senso progressivo e altrettanto poco
immaginabile quanto lo sviluppo della personalità individuale senza
l'ausilio vivificatore della società
Una comunità sana è perciò legata tanto alla libertà degli individui
quanto alla loro unione sociale.
E' stato detto con molta ragione che la civiltà greco-europeo-americana,
e in particolare il rifiorire della cultura del Rinascimento italiano
subentrato alla stasi del Medio Evo in Europa, trovò soprattutto il suo
fondamento nella libertà e nell'isolamento relativo dell'individuo.
Consideriamo ora la nostra epoca, in quali condizioni sono oggi la
società le personalità?
In rapporto al passato la popolazione dei paesi civilizzati è
estremamente densa; l'Europa ospita all'incirca una popolazione tre
volte maggiore di quella di cento anni fa.
Ma il numero di uomini dotati di temperamento geniale e diminuito senza
proporzione.
Solo un esiguo numero di uomini, per le loro facoltà creatrici, sono
conosciuti dalle masse come personalità. In una certa misura
l'organizzazione ha sostituito le qualità del genio nel campo della
tecnica, ma anche, e in misura notevolissima, nel campo scientifico.
La penuria di personalità si fa sentire in modo particolare nel campo
artistico.
La pittura e la musica sono oggi nettamente degenerate e suscitano nel
popolo echi assai meno intensi.
La politica non manca solo di capi: l'indipendenza intellettuale e il
sentimento del diritto si sono profondamente abbassati nella borghesia e
l'organizzazione democratica e parlamentare che poggia su quella
indipendenza e stata sconvolta in molti paesi; sono nate dittature e
sono state sopportate perchè il sentimento della dignità e del diritto
non è più sufficientemente vivo.
Decadimento
della dignità umana
I giornali di un Paese
possono, in due settimane, portare la folla cieca e ignorante a un tale
stato di esasperazione e di eccitazione da indurre gli uomini ad
indossare l'abito militare per uccidere e farsi uccidere allo scopo di
permettere a ignoti affaristi di realizzare i loro ignobili piani. Il
servizio militare obbligatorio mi sembra il sintomo più vergognoso
della mancanza di dignità personale di cui soffre oggi la nostra
umanità civilizzata.
In relazione a questo stato di cose non mancano profeti che prevedono
prossimo il crollo della nostra civiltà.
Io non sono nel numero di questi pessimisti: io credo in un avvenire
migliore.
Il
sistema economico ostacola la libera evoluzione
A mio avviso l'attuale
decadenza sociale dipende dal fatto che lo sviluppo dell'economia e
della tecnica ha gravemente esacerbato la lotta per l'esistenza e quindi
la libera evoluzione degli individui ha subìto durissimi colpi.
Ma per soddisfare i bisogni della comunità, il progresso della tecnica
esige oggi dagli individui un attività assai minore.
La divisione razionale del lavoro diverrà una necessità sempre più
imperiosa e porterà alla sicurezza materiale degli uomini.
E questa sicurezza unita al tempo e all'energia che resterà
disponibile, può essere un elemento favorevole allo sviluppo della
personalità.
In questo modo la società può ancora guarire e noi vogliamo sperare
che gli storici futuri presenteranno le manifestazioni patologiche del
nostro tempo come le malattie infantili di una umanità dalle possenti
aspirazioni, provocate dalla corsa troppo rapida della civiltà.
Valore
sociale della ricchezza
Sono fermamente
convinto che tutte le ricchezze del mondo non potrebbero spingere
l'umanità più avanti anche se esse si trovassero nelle mani di un uomo
totalmente consacrato all'evoluzione del ge nere umano.
Solo l'esempio di personalità grandi e pure può condurre a nobili
pensieri e ad elette azioni.
Il denaro suscita soltanto egoismo e spinge sempre, irresistibilmente, a
farne cattivo uso.
Si possono immaginare Mosè, Gesù o Gandhi armati della borsa di
Carnegie?
Perchè
viviamo
Ben singolare è la
situazione di noialtri mortali.
Ognuno di noi è su questa terra per una breve visita; egli non sa il
perchè, ma assai spesso crede di averlo capito.
Non si riflette profondamente e ci si limita a considerare un aspetto
della vita quotidiana; siamo qui per gli altri uomini: anzitutto per
coloro dal cui sorriso e dal cui benessere dipende la nostra felicità,
ma anche per quella moltitudine di sconosciuti alla cui sorte ci
incatena un vincolo di simpatia.
Ecco il mio costante pensiero di ogni giorno: la vita esteriore ed
interiore dipende dal lavoro dei contemporanei e da quello dei
predecessori; io devo sforzarmi di dar loro, in eguale misura, ciò che
ho ritenuto e ciò che ancora ricevo.
Sento il bisogno di condurre una vita semplice e ho spesso la penosa
consapevolezza di chiedere all'attività dei miei simili più di quanto
non sia necessario.
Mi rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate
e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella violenza; ma
credo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, per il corpo e
per lo spirito.
Limiti
della nostra libertà
Non credo affatto alla
libertà dell'uomo nel senso filosofico della parola.
Ciascuno agisce non soltanto sotto l'impulso di un imperativo esteriore,
ma anche secondo una necessità interiore.
L'aforisma di Schopenhauer: "E' certo che un uomo può fare ciò
che vuole, ma non può volere che ciò che vuole" mi ha vivamente
impressionato fin dalla giovinezza; nel turbine di avvenimenti e di
prove imposte dalla durezza della vita, quelle parole sono sempre state
per me un conforto e una sorgente inesauribile di tolleranza.
Aver coscienza di ciò contribuisce ad addolcire il senso di
responsabilità che facilmente ci mortifica e ci evita di prendere
troppo sul serio noi come gli altri; si è condotti cosi a una
concezione della vita che lascia un posto singolare all'humor.
Il
benessere e la felicità
Da un punto di vista
obiettivo, preoccuparsi del senso o del fine della nostra esistenza e di
quella delle altre creature mi è sempre parso assolutamente vuoto di
significato.
Ciononostante ogni uomo è legato ad alcuni ideali che gli servono di
guida nell'azione e nel pensiero.
In questo senso il benessere e la felicità non mi sono mai apparsi come
la meta assoluta (questa base della morale la definisco l'ideale dei
porci).
Gli ideali che hanno illuminato la mia strada e mi hanno dato
costantemente un coraggio gagliardo sono stati il bene, la bellezza e la
verità.
Senza la coscienza di essere in armonia con coloro che condividono le
mie convinzioni, senza la affannosa ricerca del giusto, eternamente
inafferrabile, del dominio dell'arte e della ricerca scientifica, la
vita mi sarebbe parsa assolutamente vuota.
Fin dai miei anni giovanili ho sempre considerato spregevoli le mete
volgari alle quali l'umanità indirizza i suoi sforzi: il possesso di
beni, il successo apparente e il lusso.
Un
cavallo che tira da solo
In singolare contrasto
col mio senso ardente di giustizia e di dovere sociale, non ho mai
sentito la necessità di avvicinarmi agli uomini e alla società in
generale.
Sono proprio un cavallo che vuol tirare da solo; mai mi sono dato
pienamente ne allo stato, ne alla terra natale, ne agli amici e neppure
ai congiunti più prossimi; anzi ho sempre avuto di fronte a questi
legami la sensazione netta di essere un estraneo e ho sempre sentito il
bisogno di solitudine; e questa sensazione non fa che aumentare con gli
anni.
Sento fortemente, ma senza rimpianto, di toccare il limite dell'intesa e
dell'armonia con il prossimo.
Certo, un uomo di questo carattere perde così una parte del suo candore
e della sua serenità, ma ci guadagna una larga indipendenza rispetto
alle opinioni, abitudini e giudizi dei suoi simili; ne sarà tentato di
stabilire il suo equilibrio su basi cosi malferme.
Ciascuno
deve essere rispettato
Il mio ideale
politico è l'ideale democratico. Ciascuno
deve essere rispettato nella sua personalità e nessuno deve essere
idolatrato. Per me l'elemento prezioso nell'ingranaggio dell'umanità
non è lo Stato, ma e l'individuo creatore e sensibile, è insomma la
personalità; è questa sola che crea il nobile e il sublime, mentre la
massa e stolida nel pensiero e limitata nei suoi sentimenti.
La
guerra
Questo argomento mi
induce a parlare della peggiore fra le creazioni, quella delle masse
armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore.
Disprezzo profondamente chi è felice di marciare nei ranghi e nelle
formazioni al seguito di una musica: costui solo per errore ha ricevuto
un cervello; un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente.
Bisogna sopprimere questa vergogna della civiltà il più rapidamente
possibile.
L'eroismo comandato, gli stupidi corpo a corpo, il nefasto spirito
nazionalista, come odio tutto questo!
E quanto la guerra mi appare ignobile e spregevole!
Sarei piuttosto disposto a farmi tagliare a pezzi che partecipare a una
azione così miserabile.
Eppure, nonostante tutto, io stimo tanto l'umanità da essere persuaso
che questo fantasma malefico sarebbe da lungo tempo scomparso se il
buonsenso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto, per mezzo
della scuola e della stampa, dagli speculatori del mondo politico e del
mondo degli affari.
Religione
e scienza
Significato
della vita
Qual e il senso della
nostra esistenza, qual e il significato dell'esistenza di tutti gli
esseri viventi in generale?
Il saper rispondere a una siffatta domanda significa avere sentimenti
religiosi.
Voi direte: ma ha dunque un senso porre questa domanda.
Io vi rispondo: chiunque crede che la sua propria vita e quella dei suoi
simili sia priva di significato e non soltanto infelice, ma appena
capace di vivere.
Religiosità
cosmica
La più bella
sensazione è il lato rnisterioso della vita.
E' il sentimento profondo che si trova sempre nella culla dell'arte e
della scienza pura.
Chi non è più in grado di provare né
stupore né sorpresa è per cosi dire morto; i suoi occhi sono spenti.
L'impressione del misterioso, sia pure misto a timore, ha suscitato, tra
l'altro, la religione.
Sapere che esiste qualcosa di impenetrabile, conoscere le manifestazioni
dell'intelletto più profondo e della bellezza più luminosa, che sono
accessibili alla nostra ragione solo nelle forme più primitive, questa
conoscenza e questo sentimento, ecco la vera devozione: in questo senso,
e soltanto in questo senso, io sono fra gli uomini più profondamente
religiosi.
Non posso immaginarmi un Dio che ricompensa e che punisce l'oggetto
della sua creazione, un Dio che soprattutto esercita la sua volontà
nello stesso modo con cui l'esercitiamo su noi stessi.
Non voglio e non possono figurarmi un individuo che sopravviva alla sua
morte corporale: quante anime deboli, per paura e per egoismo ridicolo,
si nutrono di simili idee.
Mi basta sentire il mistero dell'eternità della vita, avere la
coscienza e l'intuizione di ciò che è, lottare attivamente per
afferrare una particella, anche piccolissima, dell'intelligenza che si
manifesta nella natura.
Difficilmente troverete uno spirito profondo nell' indagine scientifica
senza una sua caratteristica religiosità.
Ma questa religiosità si distingue da quella dell'uomo semplice: per
quest'ultimo Dio è un essere da cui spera protezione e di cui teme il
castigo, un essere col quale corrono, in una certa misura, relazioni
personali per quanto rispettose esse siano: e un sentimento elevato
della stessa natura dei rapporti fra figlio e padre.
Le
basi umane della morale
Al contrario, il
sapiente e compenetrato dal senso della causalità per tutto ciò che
avviene.
Per lui l'avvenire non comporta una minore decisione e un minore impegno
del passato; la morale non ha nulla di divino, e una questione puramente
umana.
La sua religiosità consiste nell'ammirazione estasiata delle leggi
della natura; gli si rivela una mente cosi superiore che tutta
l'intelligenza messa dagli uomini nei loro pensieri non è al cospetto
di essa che un riflesso assolutamente nullo.
Questo sentimento è il leit-motiv della vita e degli sforzi dello
scienziato nella misura in cui può affrancarsi dalla tirannia dei suoi
egoistici desideri.
Indubbiamente questo sentimento è parente assai prossimo di quello che
hanno provato le menti creatrici religiose di tutti i tempi.
Tutto ciò che è fatto è immaginato dagli uomini serve a soddisfare i
loro bisogni e a placare i loro dolori. Bisogna sempre tener presente
allo spirito questa verità se si vogliono comprendere i movimenti
intellettuali e il loro sviluppo perché i sentimenti e le aspirazioni
sono i motori di ogni sforzo e di ogni creazione umana, per quanto
sublime possa apparire questa creazione.
Quali sono dunque i bisogni e i sentimenti che hanno portato l'uomo
all'idea e alla fede, nel significato più esteso di queste parole?
Se riflettiamo a questa domanda vediamo subito che all'origine del
pensiero e della vita religiosa si trovano i sentimenti più diversi.
Nell'uomo primitivo e in primo luogo la paura che suscita l'idea
religiosa; paura della fame, delle bestie feroci, delle malattie, della
morte.
Siccome, in questo stato inferiore, le idee sulle relazioni causali sono
di regola assai limitate, lo spirito umano immagina esseri più o meno
analoghi a noi dalla cui volontà e dalla cui azione dipendono gli
eventi avversi e temibili e crede di poter disporre favorevolmente di
questi esseri con azioni e offerte, le quali, secondo la fede tramandata
di tempo in tempo, devono placarli e renderli benigni.
E in questo senso io chiamo questa religione la religione del terrore;
la quale, se non creata, è stata almeno rafforzata e resa stabile dal
formarsi di una casta sacerdotale particolare che si dice intermediaria
fra questi esseri temuti e il popolo e fonda su questo privilegio la sua
posizione dominante.
Spesso il re o il capo dello stato, che trae la sua autorità da altri
fattori, o anche da una classe privilegiata, unisce alla sua sovranità
le funzioni sacerdotali per dare maggior fermezza al regime esistente;
oppure si determina una comunanza d'interessi fra la casta che detiene
il potere politico e la casta sacerdotale.
C'e un'altra origine dell'organizzazione religiosa: i sentimenti
sociali.
Il padre e la madre capi delle grandi comunità umane, sono mortali e
fallibili.
L'aspirazione ardente all'amore, al sostegno, alla guida, genera l'idea
divina sociale e morale.
E' il Dio-Provvidenza che protegge, fa agire, ricompensa e punisce.
E' quel Dio che, secondo l'orizzonte dell'uomo, ama e incoraggia la vita
della tribù, l'umanità e la vita stessa; quel Dio consolatore nelle
sciagure e nelle speranze deluse, protettore delle anime dei trapassati.
Tale è l'idea di Dio considerata sotto l'aspetto morale e sociale.
Nelle Sacre Scritture del popolo ebreo si può seguire bene l'evoluzione
della religione del terrore in religione morale che poi continua nel
Nuovo Testamento.
Le religioni di tutti i popoli civili, e in particolare anche dei popoli
orientali, sono essenzialmente religioni morali.
Il passaggio dalla religione-terrore alla religione morale costituisce
un progresso importante nella vita dei popoli.
Bisogna guardarsi dal pregiudizio che consiste nel credere che le
religioni delle razze primitive sono unicamente religioni-terrore e
quelle dei popoli civili unicamente religioni morali.
Ogni religione è in fondo un miscuglio dell'una e dell'altra con una
percentuale maggiore tuttavia di religione morale nei gradi più elevati
della vita sociale.
Iddii
di forma umana
Tutte queste religioni
hanno comunque un punto comune, ed è il carattere antropomorfo
dell'idea di Dio: oltre questo livello non si trovano che individualità
particolarmente nobili.
Ma in ogni caso vi è ancora un terzo grado della vita religiosa,
sebbene assai raro nella sua espressione pura ed è quello della
religiosità cosmica.
Essa non può essere pienamente compresa da chi non la sente poiché non
vi corrisponde nessuna idea di un Dio antropomorfo.
L'individuo è cosciente della vanità delle aspirazioni e degli
obiettivi umani e, per contro, riconosce l'impronta sublime e l'ordine
ammirabile che si manifestano tanto nella natura quanto nel mondo del
pensiero.
L'esistenza individuale gli da l'impressione di una prigione e vuol
vivere nella piena conoscenza di tutto ciò che è, nella sua unità
universale e nel suo senso profondo.
Già nei primi gradi dell' evoluzione della religione (per esempio in
parecchi salmi di David e in qualche Profeta), si trovano i primi indizi
della religione cosmica; ma gli elementi di questa religione sono più
forti nel buddismo, come abbiamo imparato in particolare dagli scritti
ammirabili di Schopenhauer.
La
religiosità cosmica non conosce dogmi
I geni religiosi
di tutti i tempi risentono di questa religiosità cosmica che non
conosce nè dogmi nè Dei concepiti secondo l'immagine dell'uomo.
Non vi è perciò alcuna Chiesa che basi il suo
insegnamento fondamentale sulla religione cosmica.
Accade di conseguenza che è precisamente fra gli eretici di tutti i
tempi che troviamo uomini penetrati di questa religiosità superiore e
che furono considerati dai loro contemporanei più spesso come atei, ma
sovente anche come santi.
Democrito,
Francesco d'Assisi e Spinoza stanno vicini
Sotto questo aspetto
uomini come Democrito, Francesco d'Assisi e Spinoza possono stare l'uno
vicino all'altro.
Come può la religiosità cosmica comunicarsi da uomo a uomo, se non
conduce ad alcuna idea formale di Dio ne ad alcuna teoria?
Mi pare che sia precisamente la funzione capitale dell'arte e della
scienza di risvegliare e mantenere vivo questo sentimento fra coloro che
hanno la facoltà di raccoglierlo.
Antagonismo
tra religione del terrore e scienza
Giungiamo cosi a una
concezione dei rapporti fra scienza e religione assai differente dalla
concezione abituale.
Secondo considerazioni storiche, si è propensi a ritenere scienza e
religione antagonisti inconciliabili, e questo si comprende facilmente.
L'uomo che crede nelle leggi causali, arbitro di tutti gli avvenimenti,
se prende sul serio l'ipotesi della causalità, non può concepire
l'idea di un Essere che interviene nelle vicende umane, e perciò la
religione-terrore, come la religione sociale o morale, non ha presso di
lui alcun credito; un Dio che ricompensa e che punisce e per lui
inconcepibile perchè l'uomo agisce secondo leggi esteriori ineluttabili
e per conseguenza non potrebbe essere responsabile verso Dio, allo
stesso modo che un oggetto inanimato non e responsabile dei suoi
movimenti.
A torto si è rimproverato alla scienza di insidiare la morale.
La condotta etica dell'uomo deve basarsi effettivamente sulla
compassione, l'educazione e i legami sociali, senza ricorrere ad alcun
principio religioso.
Gli uomini sarebbero da compiangere se dovessero essere frenati dal
timore di un castigo o dalla speranza di una ricompensa dopo la morte.
Si capisce quindi perchè la Chiesa abbia in ogni tempo combattuto la
scienza e perseguitato i suoi adepti.
Mirabile
accordo tra religione cosmica e scienza
D'altra parte io
sostengo che la religione cosmica è l'impulso più potente e più
nobile alla ricerca scientifica.
Solo colui che può valutare gli sforzi e soprattutto i sacrifici immani
per arrivare a quelle scoperte scientifiche che schiudono nuove vie, è
in grado di rendersi conto della forza del sentimento che solo può
suscitare un'opera tale, libera da ogni vincolo con la via pratica
immediata.
Quale gioia profonda a cospetto dell'edificio del mondo e quale ardente
desiderio di conoscere sia pure limitato a qualche debole raggio dello
splendore rivelato dall'ordine mirabile dell'universo dovevano possedere
Kepler e Newton per aver potuto, in un solitario lavoro di lunghi anni
svelare il meccanismo celeste.
Colui che non conosce la ricerca scientifica che attraverso i suoi
effetti pratici, non può assolutamente formarsi un'opinione adeguata
sullo stato d'animo di questi uomini i quali, circondati da
contemporanei scettici, aprirono la via a quanti compresi delle loro
idee, si sparsero poi di secolo in secolo attraverso tutti i paesi del
mondo.
Soltanto colui che ha consacrato la propria vita a propositi analoghi
può formarsi una immagine viva di ciò che ha animato questi uomini e
di ciò che ha dato loro la forza di restare fedeli al loro obiettivo
nonostante gli insuccessi innumerevoli.
E' la religiosità cosmica che prodiga simili forze.
Non e senza ragione che un autore contemporaneo ha detto che nella
nostra epoca, votata in generale al materialismo, gli scienziati sono i
soli uomini profondamente religiosi.
Elevare
gli uomini
E giusto, in linea di
principio, dare solenne testimonianza d'affetto a coloro che hanno
contribuito maggiormente a nobilitare gli uomini, l'esistenza umana.
Ma se si vuole anche indagare sulla natura di essi, allora si incontrano
notevoli difficoltà.
Per quanto riguarda i capi politici, e anche religiosi, e spesso molto
difficile stabilire se costoro hanno fatto più bene che male. Di
conseguenza credo sinceramente che indirizzare gli uomini alla cultura
di nobili discipline e poi indirettamente elevarli, sia il servizio
migliore che si possa rendere all'umanità.
Questo metodo trova conferma, in primo luogo, nei cultori delle
lettere, della filosofia e delle arti, ma anche, dopo di essi, negli
scienziati.
Non sono, è vero, i risultati delle loro ricerche che elevano e
arricchiscono moralmente gli uomini, ma è il loro sforzo per capire, è
il loro lavoro intellettuale fecondo e capace.
Il vero valore di un uomo si determina esaminando in quale misura e in
che senso egli e giunto a liberarsi dall'io.
Albert Einstein |