LA SAGGEZZA DELLE SELVE SCHIAVITU` E LIBERAZIONE
LA LIBERAZIONE
La liberazione è la distruzione della schiavitù, che consiste
nella sensazione di possedere personalmente gli oggetti, concepiti come fonte
di piacere o dolore. Questa distruzione si ottiene distinguendo tra ciò
che è imperituro e ciò che è transeunte in quest'universo
effimero.
Niralambopanisad 31
Eliminando la relazione tra soggetto percipiente ed oggetto percepito si consegue
l'atarassia; divenendo stabile, quest'ultima prende il nome di liberazione.
Samnyasopanisad II 42
IL CORPO
L'uomo obnubilato il quale prova diletto nel corpo, che altro non è
che un aggregato di carne, sangue, graveolente orina, tendini, midollo ed ossa,
sarebbe capace di rallegrarsi pure dei tormenti infernali. Le parti femminili
innominabili, pur essendo di per sé indistinguibili da un'ulcera in suppurazione,
in forza della fittizia differenza posta in essere solo dalla mente perlopiù
riescono ad avvincere gli uomini grazie all'inganno.
Naradaparivrajakopanisad
IV 28 - 29
IL DOMINIO DI SE'
Colui il quale non si rallegra e non si affligge in seguito a sensazioni visive,
acustiche, tattili, gustative o olfattive, ha conseguito la vittoria sui sensi.
Naradarivrajalopanisad III 38
LA FEDE
La liberazione arride solo a coloro che sono liberi dal dubbio; per quelli
la cui coscienza è in preda al dubbio la liberazione non arriva neppure
dopo molte rinascite. Per questo bisogna sforzarsi di acquisire fiducia.
Maitreyopanisad II 16
La schiavitù consiste meramente nel desiderio di soddisfazione dei
sensi; la liberazione nella rinuncia ad esso.
Mahopanisad V 97
Due parole stanno a indicare schiavitù e liberazione: "Mio"
e "non mio". "Mio" costringe l'uomo in schiavitù
", non mio" lo libera.
Varohopanisad II 43/b44a
IL LIBERATO IN VITA
E` detto liberato in vita colui che non percepisce un io nel corpo o nei sensi, e non percepisce un altro da sé in alcuna cosa. Costui, grazie alla propria capacità di discriminare non percepisce differenza tra sé e l'Assoluto, né tra l'Assoluto e l'universo. E` riverito dai buoni ovvero disprezzato dai malvagi, e la sua equanimità rifulge intatta. Chi ha compreso la vera realtà dell'Assoluto non è più soggetto a rinascita. Se così fosse, significherebbe che la sua pretesa conoscenza dell'Assoluto è puramente esteriore.
Adhyatmopanisad II 45-48
SCHIAVITU` E LIBERAZIONE
(Monologo del liberato): "Io sono, io sono il Supremo, io sono la scaturigine
dell'universo. E sono pure il maestro spirituale di tutti i mondi, e tutti i
mondi ad un tempo. Io sono Lui, l'Assoluto. Io soltanto e nell'altro io sono.
Io sono perfetto, puro, a tutto superiore. Ed eterno altresì io sono,
imperituro ed immacolato. Consapevolezza io sono, io sono peculiare, io sono
la bevanda sacrificale, io sono compiuto. Di buon auspicio io sono, e privo
di pena, consapevolezza io sono, sempre eguale a me stesso. Esente da onore
e disonore, privo di qualità, benigno io sono. Al di là di ciò
ch'è duale o non duale, libero dalle coppie di opposti io sono, io sono
Lui, l'Assoluto. Al di là di esistenza ed inesistenza, al di là
del linguaggio, io risplendo. Io sono la maestà ch'è ad un tempo
vacuità e non vacuità, il bene e il male sono io. Al di là
di eguaglianza e difformità io sono, e perenne, puro, perpetuamente benevolo.
Superiore alla contrapposizione tra mondo e non mondo, di natura luminosa e
lieve, eterno io sono. Io sono privo del numero uno e pure del due, sto al di
là della distinzione tra essere e non essere, esente da costruzioni mentali.
Io sono immune dalla differenza che sorge dalla molteplicità, e ho l'aspetto
di una beatitudine indivisa. Io non sono un ego, né qualcosa d'altro,
io son privo di corpo e simili. Dotato e non dotato di rifugio, io son privo
di sostrato. Esente da schiavitù, da liberazione e simili, io sono Lui,
il puro Assoluto. Privo di e simili, il Supremo io sono, al Supremo stesso superiore.
Perenne, privo e ad un tempo dotato di capacità deliberativa io sono:
io sono Lui, l'Assoluto. Eterno io sono, e ho l'aspetto dei tre componenti la
sillaba sacra: A, U e M. Immune dal soggetto che medita, dalla meditazione e
da ciò che vien meditato io sono: io sono Lui, l'Assoluto. Ovunque compiuto
sotto ogni aspetto io sono, caratterizzato da essere, coscienza e beatitudine.
Io appaio come tutti i guadi sacri, sede di pellegrinaggio, il Sé supremo
io sono, Siva stesso son io".
Maitreyopanisad III 1 - 12
"Quest'intero universo non mi appartiene in alcuna sua parte. Non m'appartengono
tempo, luogo, oggetti tangibili o pensieri. Non m'appartengono l'abluzione rituale,
i riti da svolgere ai crepuscoli, deità o luoghi sacri. Non m'appartengono
guadi che sian sede di pellegrinaggio, di servizi offerti alla divinità,
di gnosi o sedi di esseri divini. Non m'appartengono la schiavitù, la
nascita, la parola, il sole, il merito, il demerito, il dovere, la buona sorte.
Non m'appartengono il principio vitale individuale, e neppure i tre mondi. Non
m'appartengono la liberazione, la dualità, la scienza rivelata, le prescrizioni
ritualmente, la prossimità, la distanza, la luce intellettuale, la segregazione.
Non m'appartengono il maestro, il discepolo, la privazione, l'eccesso, brahma,
Visnu o Rudra. Non m'appartengono la luna, la terra, l'acqua, il vento, lo spazio,
il fuoco. Non m'appartengono il gruppo familiare, lo scopo, l'esistenza, il
meditante, l'oggetto meditato, la meditazione, la mente. Non m'appartengono
il freddo, il caldo, la sete, la fame, l'amico, il nemico, l'illusione, la vittoria,
il prima, il dopo, l'aldilà, le regioni dello spazio. Non m'appartiene
affatto tutto ciò che può essere detto o ascoltato, pensato, desiderato
e meditato, fruito, bramato o ricordato. Non m'appartengono il desiderio, lo
yoga o il riassorbimento cosmico. (...) Io sono l'Assoluto, io sono l'Assoluto
senza dubbio. Io sono consapevolezza, io sono consapevolezza." E` detto
liberato in vita chi ha questa conoscenza, chi percepisce se stesso come l'Assoluto
e nell'altro, consapevolezza e null'altro, come il Supremo e null'altro.
Tejobindupanisad IV 11 B - 21, 29 B - 30
LA LIBERAZIONE DI CHI SI RIFUGIA IN DIO
Disse Rama: La liberazione, che consiste nell'isolamento è una sola
invero, o Hanumat, ed assume l'aspetto della realtà assoluta. (...) Chi
si trovasse a morire in una strada sacra della sacra città di Kasi otterrebbe
una mia formula meditativa che conferisce la salvezza: quest'uomo sarà
liberato senza più dover rinascere. Dovunque gli capiti di trapassare
in questa città, il Grande Signore Siva gli conferirà l'insegnamento
iniziatico sussurrandogli nell'orecchio destro la mia formula meditativa atta
a conferire la salvezza. Costui, liberato da ogni male, otterrà la liberazione
detta comunanza di forma con me. E questi sono i primi due tipi di liberazione,
la comunanza di livello d'esistenza e la comunanza di forma. L'iniziato alla
condotta virtuosa, che non permette alla propria attenzione di errare volgendosi
ad altro ma costantemente riversa tutto il suo essere su di me, che sono il
principio cosciente universale, partecipa di questa condizione di prossimità.
(...) Ma l'iniziato che seguendo il sentiero tracciato per lui dal maestro spirituale
si sforzi di meditare sulla mia forma non soggetta a mutamenti ottiene l'unione
con me, al modo in cui l'insetto adulto vien fuori dalla crisalide. E questa
liberazione che culmina nell'unione è invero fonte di assoluta beatitudine,
di buon auspicio.
Muktikopanisad I 18 - 25
IL BIASIMO DELL'IGNORANZA
L'ottuso, privo di qualsiasi strumento di conoscenza, invano si rallegra riempiendosi
la bocca del solo nome dell'Assoluto, in ciò simile a chi si contentasse
del sapore di frutti posti in cima ad un ramo, visti riflessi nell'acqua.
Maitreyopanisad II 22
Coloro che sono abili ad argomentare sull'Assoluto, ma non rivolgono costantemente
ad esso il pensiero, schiavi delle passioni, senza fallo son dannati a nascite
e rinascite a causa della loro nescienza spirituale.
Tejobindupanisad
I 46
L'ALBERO DELLA TRASMIGRAZIONE
Mille sono i polloni, mille i rami, i frutti e i boccioli dell'albero della
trasmigrazione. Le sue radici sono costituite dalla mente, che è formata
a parer mio da costruzioni mentali e da null'altro. Per disseccare l'albero
della trasmigrazione se ne inaridiscano le radici, mercè l'annichilimento
delle costruzioni mentali. C'è poi soltanto un mezzo per controllare
la propria mente: distruggere l'attività mentale nel momento stesso in
cui inizia. La distruzione della mente è la mirabile alba della gnosi.
Il savio riesce a distruggere la mente, ma quando a tentare è l'insipiente
ecco ergersi un ostacolo. Finchè la mente non venga sconfitta definitivamente
dalla pratica costante dell'unica Realtà, le impressioni latenti subconoscie
scorazzano liberamente all'interno del cuore simili a lemuri nottivaghi. Le
impressioni latenti subconscie derivate dall'attività sensoriale di uno
che sia riuscito a distruggere l'egoismo della mente e a controllare l'attività
di quei mortali nemici che sono i sensi vengono distrutte, come fiori di loto
al sopraggiungere dell'inverno. (...) Come non è possibile controllare
un elefante infoiato nocivo se non adoperando il pungolo apposito, così,
quando si tratta di sconfiggere la mente, i mezzi pienamente efficaci sono solamente
il conseguimento della conoscenza del proprio Sé, l'accompagnarsi ai
savi, la piena rinunzia ad ogni impressione subconscia e il controllo dei movimenti
delle energie vitali. Questi sono i mezzi prescritti. Chi invece cerca di controllare
la mente con la forza è simile a colui il quale frughi nelle tenebre
dopo aver gettato via la lucerna che teneva in mano. Gli stolti che sperano
di sconfiggere la mente facendo ricorso alla violenza cercano di catturare un
elefante impazzito servendosi di corde di fibra di loto.
Muktikopanisad II
36-41, 43-47
L'ITINERARIO SPIRITUALE
IL DIALOGO TRA YAJNAVALKYA E MAITREYI
Yajnavalkya aveva due mogli, Maitreyi e Katyayani. Di esse Maitreyi possedeva
la scienza dell'Assoluto, Katyayani invece era paga di quel che le donne son
solite conoscere. Ed ecco un giorno Yajnavalkyi, che stava per abbracciare un
nuovo stadio di vita, così parlò:
Brhadaranyakopanisad V 2.
1
- "O Maitreyi", disse Yajnavalkya - "io sono in procinto di
abbandonare questo stadio di vita. Voglio dunque definire la tua posizione insieme
a quella di Katyayani."
Disse allora Maitreyi: "O signore, se pure mi toccasse in sorte l'intera
terra ricolma di ricchezze, forse grazie a ciò potrei divenire immortale?".
- "No", rispose Yajnavalkya ", la tua vita scorrerà simile
a quella di coloro che sono dotati di mezzi, ma dalla ricchezza non si può
sperare di trarre l'immortalità".
Disse allora Maitreyi: "Che me ne faccio di ciò che non mi fa raggiungere
l'immortalità? Ma ti prego, dimmi, o Signore, quel che tu conosci".
Disse allora Yajnavalkya: "Care cose dici tu che mi sei così cara.
Vieni e siedi, tutto quanto io ti dirò. Ma tu presta piena attenzione
a quel che ti vado esponendo". E così prese a dire:" Non a
causa dell'amore per lo sposo lo sposo è caro: è a causa dell'amore
per il Sé che lo sposo è caro. Non a causa dell'amore per la moglie
la moglie è cara: è a causa dell'amore per il Sé che la
moglie è cara. Non ha causa dell'amore per i figli i figli sono cari:
è a causa dell'amore per il Sé che i figli sono cari. Non a causa
dell'amore per le ricchezze le ricchezze sono care: è a causa dell'amore
per il Sé che le ricchezze
sono care. Non a causa dell'amore per la condizione di sacerdote specialista
del sacro la condizione di sacerdote specialista del sacro è cara. Non
a causa dell'amore per la condizione di guerriero la condizione di guerriero
è cara: è a causa dell'amore per il Sé che la condizione
di guerriero è cara. Non a causa dell'amore per i mondi i mondi sono
cari: è a causa dell'amore per il Sé che i mondi sono cari. Non
a causa dell'amore per gli dei gli dei sono cari: è a causa dell'amore
per il Sé che gli dei sono cari. Non a causa dell'amore per gli esseri
gli esseri sono cari: è a causa dell'amore per il Sé che gli esseri
sono cari. Non a causa dell'amore per qualsivoglia oggetto qualsivoglia oggetto
è caro: è a causa dell'amore per il Sé che qualsivoglia
oggetto è caro. E` il Sé dunque che bisogna scrutare ed ascoltare,
è al Sé che occorre pensare e meditare con attenzione. O Maitreyi:
è solo guardando, ascoltando, considerando e conoscendo il Sé
che si conosce tutto quest'universo".
Brhadaranyakopanisad II 4. 1 - 5
Un uomo purifica il proprio intelletto grazie all'esecuzione dei riti quotidiani
e simili.
In seguito comincia a convincersi che l'intero risultato che sorge da quella
particolare causa, costituita dall'azione nel suo complesso, è degno
di biasimo. Accortosi che codesto frutto dell'azione è degno di biasimo,
costui concepisce disgusto per il risultato di azioni compiute in precedenza.
Turbata dalla memoria e dalle impressioni del profondo disagio che accompagna
l'esistenza fenomenica soggetta alla trasmigrazione, la sua mente prende ad
accarezzare il desiderio di abbandonare tale esistenza.
Sorge del pari nel suo spirito il desiderio di procacciarsi i mezzi per raggiungere
tal fine. Ripudiato ogni desiderio quale che sia, quest'uomo è pervenuto
alla corretta determinazione della reale condizione del Sé. Colui il
quale tramite quella comprensione della realtà che si identifica con
il Sé ha rescisso alle radici la causa della trasmigrazione ha sconfitto
appieno la possibilità di rinascere: è un liberato, ovvero è
prossimo a raggiungere la liberazione. (...) Un asceta vagante che non sia pervenuto
al ripudio dei desideri non può aver parte della liberazione anche se
è giunto a conoscere l'Assoluto. E dunque si prescrive qui la somma della
rinuncia con la gnosi al fine di ottenere la liberazione. Giacchè Yajnavalkya,
un capofamiglia in possesso della gnosi di ciò che travalica ogni iperbole,
riuscì ad ottenere la suprema sede di Visnu dopo aver attinto la condizione
dell'isolamento spirituale, si postula qui che la combinazione di gnosi e rinuncia
sia condizione essenziale per la liberazione. La rinuncia è in realtà
il migliore tra i mezzi che conducono alla liberazione: solo chi ha intrapreso
la rinuncia può conoscere la condizione suprema del Sé individuale.
Gli dei, timorosi che gli uomini riuscissero a liberarsi, li avvilupparono con
l'ignoranza. Ed ecco quelli, preda dell'ignoranza, presero a impegnarsi nell'azione.
E dunque, avendo abbandonato senz'altro l'azione che ha come sua unica causa
l'obnubilamento, chi è dotato di una mente pura distrugge l'ignoranza
grazie alla comprensione dell'identità (tra il Sé e l'Assoluto):
egli medita mediante il suo stesso Sé sul proprio Sé che non è
altro che gnosi, e diviene immortale. A questo riguardo si ricorda l'affermazione
autorevole del trattato della scuola dei Bhallavi, che recita: "Solo chi
ha abbandonato l'azione ottiene la liberazione in grazia della conoscenza".
(...) E quindi, sforzandosi di prescrivere la rinuncia come mezzo per far sorgere
la completa conoscenza della vera natura del Sé individuale, l'audizione
sacra stessa inizia con le parole: "O Maitreyi". E giacché
poi la rivelazione sacra prescrive la rinuncia solo nel caso in cui essa si
consentita dalla moglie e così via, per questo il saggio veggente si
rivolse alla consorte Maitreyi per ottenerne il consenso, dicendo: "Io
sono in procinto di abbandonare questo stadio di vita caratterizzato dalla condizione
di capofamiglia. Degnati di concedere il consenso al mio desiderio di rinunciare".
E la moglie rispose: "Bene hai detto a noi, e legittimo è il tuo
desiderio. Dimmi pertanto in fretta che devo fare in tal caso". Ricevuto
in tal guisa il consenso, egli così rispose a lei: "Voglio dunque
definire la tua posizione insieme a quella di Katyayani e desidero spartire
la mia proprietà tra te e Katyayani, che condivide con te la condizione
di mia sposa. Poiché la donna è di per sé priva di proprietà
sue proprio, e le viene consentito di partecipare a cerimonie rituali solo in
quanto è soggetta ad uno sposo in possesso di proprietà, ora che
ho rinunciato al mondo e ho abbracciato la sorte dell'asceta itinerante, voi
non potreste accedere ai miei beni. Quanto ad essi, prima di rinunciarvi io
ne sono padrone. E dunque vi dico 'desidero spartire la mia proprietà
tra voi due'". Così egli disse alla moglie. "Giacché
i tratti prescrivono che si abbracci la rinuncia solo dopo aver proceduto alla
distribuzione dei propri beni tra i parenti tenendo conto dei loro rispettivi
mezzi di sussistenza: è a causa di questa norma che io sto compiendo
codesta distribuzione di beni." (Maitreyi disse:) "A buon diritto
hai deciso di non poterci concedere la vera ricchezza in tuo possesso, la conoscenza.
E tuttavia questa ricchezza ci sarebbe di gran giovamento, al pari della tua
rinuncia. Per chi non è causa di prosperità la frequentazione
di persone di grande esperienza? Anche l'acqua più sudicia, una volta
untasi ai sacri flutti del fiume Ganga, diviene strumento di purificazione.
Non v'è altro fine dell'agire umano che l'immortalità, ed essa
deriva dall'unione con te. E dunque io ti chiedo: come potrà la ricchezza
divenire strumento di liberazione? Anche se l'intera terra fosse ricolma di
ricchezze, potrei forse io divenire immortale giovandomi di esse, ovvero ciò
non sarebbe possibile? Dimmelo, di grazia. Invero i beni dei possidenti non
sono di giovamento agli altri per il solo fatto di esistere, bensì per
le azioni che consentono di compiere. E dunque io ti interrogo sullo scopo che
adempiono i tuoi beni". Interrogato in questi termini dalla consorte, egli
rispose: "Non si dà immortalità tramite la ricchezza"
Poiché poi ella gli chiese: "Perché vuoi darci i tuoi beni,
se non conducono all'immortalità?" egli prese a spiegarle lo scopo
strumentale adempiuto dalle ricchezze. "Dacchè la vita degli uomini
dipende da mezzi perituri, allo stesso modo la vita di voi due dipende dalle
mie ricchezze. Ma da esse non deriva affatto l'immortalità quest'ultima
procede soltanto dalla conoscenza, che non è altro che la rimozione dell'ignoranza.
Non può esservi speranza d'immortalità a seguito di un'azione
compiuta per mezzo di ricchezze". Ma donde potrà ottenersi l'immortalità
che nasce dalla conoscenza e da null'altro? L'azione non è causa di liberazione,
allo stesso modo in cui il fuoco non è un buon rimedio contro il calore.
Dall'azione procede necessariamente la (ri) nascita. E se si è soggetti
a (ri) nascere come potrà mai prodursi la liberazione, la via del distacco
dal mondo?
Dal commento di Suresvara a loc.: 2. 5, 21 - 26, 38 - 55
L'AZIONE, LA NON -AZIONE, LA CONOSCENZA
E` azione quell'attività compiuta per il tramite dei sensi, di cui
il principio cosciente diviene consapevole dicendo "Io faccio questo".
E` non-azione l'esecuzione di riti quotidiani ed occasionali, sacrifici, voti,
atti di ascesi, doni e simili, compiuta senza avere di mira il loro frutto.
A causa dell'egoismo di chi ne è agente o fruitore essa conduce alla
schiavitù e ha come effetto la nascita e i mali che ne derivano. La conoscenza
è la comprensione per conoscenza diretta che nel mutevole universo non
vi è nulla tranne l'immutabile Coscienza, che non è soggetta a
mutamento al pari delle altre categorie di oggetti sensibili quali un vaso,
una veste e simili: essa è identica ovunque ed insita in ogni cosa, e
si manifesta ad un tempo come colui che percepisce e come ciò che vien
percepito. Tale conoscenza sorge in seguito al soggiogamento dei sensi, al servizio
devoto offerto ad un maestro competente, all'ascolto, alla meditazione e all'attenzione
per i sacri testi.
Niralambopanisad 22 - 24
LE CARATTERISTICHE DELLA VIRTU`
Fermezza, pazienza, autocontrollo, la rinuncia ad appropriarci di ciò
che non ci appartiene, purezza, padronanza dei sensi, pudore, dottrina, sincerità
ed assenza d'ira sono le dieci caratteristiche della virtù.
Naradaparivrajakopanisad III 24
LA DEVOZIONE E I SUOI FRUTTI
Come invero i raggi del sole dissolvono in un batter d'occhio la più
compatta tenebra notturna, così la più fitta oscurità,
causa di esistenza futura, è distrutta da Hari, che è lo splendore
stesso del sole, e da nessun altro. Rendendo omaggio ai divini piedi di Hari
e ricordandoli piamente ci si libera dalle nebbie della propria ignoranza spirituale.
In verità non c'è altro mezzo per disfarsi di morte e rinascita
che contemplare i piedi del Dio. Chi desidera la prosperità loda chi
è ricco: e dunque, chi non potrà venir liberato dai suoi legami
se con rispetto leva lodi a Chi è causa dell'universo stesso?
Varahopanisad III 11 - 13
GRADI DELL'ASSOLUTO
Sostanziato di pura coscienza, privo di dualità, scevro di parti e di
un corpo, tuttavia l'Assoluto vien considerato dotato di forma all'unico scopo
di consentire l'azione rituale di chi si dedica al sacrificio. Le divinità
che possiedono una forma esteriore si vedono assegnare un sesso, membra ed armi,
nonché due, quattro, sei, otto, dieci, dodici, e perfino mille mani,
munite di attributi divini quali conchiglie e simili. A migliaia si contano
i colori e i veicoli che son loro propri.
Ramapurvatapinyupanisad I 7 - 9
IL QUADRUPLICE ITINERARIO SPIRITUALE
Osservando scrupolosamente i propri obblighi relativi agli stadi di vita e
all'ordine sociale, praticando varie forme di austerità e per ultimo
procurando di soddisfare i desideri del proprio maestro si sviluppa la quadruplice
disciplina spirituale, che consiste nel distacco. Essa è composta dalla
discriminazione tra ciò che è eterno e ciò che non è
eterno, dal completo disinteresse per la fruizione di piaceri mondani o ultramondani,
dall'acquisizione delle sei virtù che cominciano con la calma, ed infine
dal desiderio insopprimibile della liberazione. Domati gli organi dei sensi,
rinuncia a coltivare l'idea di un io in qualsivoglia oggetto, e sforzati di
riporre la consapevolezza del tuo io in me, Visnu, che sono la coscienza testimone
d'ogni evento. Arduo è nascere in forma umana, più difficile ancora
ottenere il privilegio del sesso maschile, e difficilissimo infine avere in
sorte di appartenere al ceto sacerdotale. Se poi uno anche così, pur
avendo ascoltato, meditato e riflettuto in cuor suo sull'insegnamento ultimo
concernente la vera natura, la cui forma si pone al di là di ogni convenzione
derivante dall'ordinamento sociale, dell'Assoluto che ha come sue caratteristiche
l'essere, la consapevolezza e la beatitudine, ancora non giungesse a comprenderlo,
allora come potrà mai costui raggiungere la liberazione?
Varahopanisad II 2 - 7 a
LA DISCRIMINAZIONE TRA CIO` CHE E` ETERNO E CIO` CHE NON E` ETERNO
L'Assoluto è il fondamento del dispiegarsi dell'universo, che però
non esiste realmente (...) Il sole che illumina un vaso non viene meno in seguito
alla distruzione di quel vaso: lo stesso accade alla coscienza - testimone che
illumina il corpo, e non vien meno in seguito alla distruzione del corpo (...)
Al modo in cui un gufo abbacinato scorge solo tenebra nel sole, così
chi è obnubilato dall'ignoranza non percepisce che tenebra nella suprema
beatitudine, che di per sé è splendente, dell'Assoluto. Se le
nubi gli velano la vista lo sciocco pensa che il sole non ci sia: proprio così
chi è ottenebrato dall'ignoranza e costretto nel corpo pensa che l'Assoluto
non esista (...) Ma proprio come la luce di una lampada, per quanto piccola,
riesce a disperdere una tenebra sconfinata, così un barlume di conoscenza,
per piccolo che sia, riesce a sconfiggere la più fitta e densa ignoranza.
Atmabodhopanisad
II 12, 18, 25 - 26, 28
DISPREZZO PER IL CORPO
Il corpo è soggetto a nascita e a morte. E` composto dalle impurità
presenti nei corpi del padre e della madre. E` ricettacolo di piacere e dolore.
E` per questo che per poterlo toccare è prescritta l'abluzione rituale.
Legato com'è ai suoi componenti fisici è veicolo d'ogni sorta
di malattie gravi, è il tempio stesso d'ogni malvagità, è
instabile, e ha forma ed estensione mutevoli. E` per questo che per poterlo
toccare è prescritta l'abluzione rituale.
Deiezioni impure fuoriescono continuamente dalle sue nove aperture, ed esso
è il ricettacolo di odori sgradevoli e di escrementi immondi. E` per
questo che per poterlo toccare è prescritta l'abluzione rituale.
Maitreyopanisad
II 4 - 6
CADUCITA` DEL MONDO
Ohimè, dove sono i tesori dei grandi sovrani? Dove son finiti coloro
per opera dei quali si sono manifestati i mondi nelle diverse ere cosmiche.
E che fine han fatto i mondi stessi? Quelli d'un tempo sono svaniti. Molte nuove
manifestazioni del mondo si sono verificate. Miriadi di divinità preposte
alla manifestazione si sono dissolte, e i re sono scomparsi come granelli di
polvere.
Varahopanisad III 22 - 23 a
IL FETO RICORDA LE VITE PRECEDENTI
"Già vidi migliaia d'altre matrici; ho consumato nutrimento d'ogni
sorta, ho poppato al seno di svariate mammelle. Prima nato, poi morto, rinasco
continuamente. Ahimè, sono sprofondato in un oceano di dolore e non riesco
a scorgere una via di salvezza! Il frutto di quel che feci a chi m'era compagno,
buono o cattivo che fosse, quello solo devo scontare: da lungi sono scomparsi
quelli che han goduto e quelli che han sofferto per il mio agire. Potessi fuggirmene
dal grembo di mia madre, prenderei rifugio nello yoga e nello studio della dottrina
che insegna la differenza tra la coscienza e gli oggetti, la dottrina che distrugge
ogni male ed elargisce il frutto della liberazione. Potessi fuggirmene dal grembo
di mia madre, m'abbandonerei al Sommo Signore oppure a Narayana, che distruggono
ambedue ogni male ed elargiscono il frutto della liberazione. Potessi fuggirmene
dal grembo di mia madre, senza posa mediterei sull'Assoluto imperituro."
Ma ecco che, raggiunta l'apertura degli organi genitali, oppresso dallo sforzo
delle doglie, costretto a nascere con dolore, e sfiorato dal tocco dell'aria
esterna, non riesce più a serbare il ricordo delle nascite e delle morti,
e si scorda le sue precedenti azioni buone e malvagie.
Garbhopanisad 4
LA RINUNCIA
(Parla Varaha:) Chi rinunci all'attaccamento a ciò che è esterno,
a ciò che è interno e al proprio stesso Sé, dissolvendo
così ogni sorta di attaccamento, quegli senza dubbio diviene il Mio stesso
sé. Quell'asceta dell'ordine supremo che, pur vivendo nel mondo, si tien
discosto dal consorzio umano come da una serpe velenosa, che brama tenersi lungi
da una bella donna come da un cadavere, che è del tutto distaccato a
considera l'infinita serie degli oggetti un mortale veleno, questi invero non
è altri che Vasudeva, ossia Me stesso. Questa è la verità,
questa è la verità. Questa che ho testè enunciata non è
altro che la verità. Io sono la verità, l'Assoluto supremo, e
null'altro vi è al di fuori di Me.
Varahopanisad II 36 b 38
Chi non indugia a ricordare i piaceri trascorsi e non brama quelli di là
da venire, né si rallegra per quelli presenti, dimora nello stadio di
vita della rinuncia. Chi, pur essendo ancora unito al corpo, non si cura di
piacere e dolore proprio come se il suo soffio vitale si fosse dipartito da
lui, dimora nello stadio di vita della rinuncia. Un asceta dell'ordine supremo
dovrebbe indossare un paio di pezze di stoffa a mò di perizoma, una veste
cenciosa, e portar con sé un bastone. Null'altro è prescritto
oltre a ciò. S'egli bramasse indossare altre vesti, certo dopo esser
sprofondato in un terribile inferno sarebbe condannato a rinascere nel grembo
di un animale bruto.
Naradaparivrajakopanisad III 25 - 29.
Al momento di intraprendere la scelta di vita della rinuncia al mondo l'asceta
dovrebbe recitare i sacri insegnamenti sino a pervenire a una sufficiente purificazione
dell'organo mentale. Poi, abbandonati senza indugi alle acque il perizoma che
gli cinge la vita, la fascia intorno alle pudenda, il bastone, la veste e la
ciotola per la questua del cibo, prenda a vagare così com'è uscito
dal grembo di sua madre, senza il più piccolo cencio indosso. Non pronunci
altro nome che la sillaba sacro simbolo dell'assoluto, non dica nulla né
ascolti alcunchè. Si astenga dallo studiare la logica o la grammatica.
Non sia troppo loquace: la verbosità non avrebbe altro risultato che
affaticare il suo organo vocale. Si limiti a comunicare a gesti adoperando le
mani, non si rivolga a persone di infima estrazione sociale o a donne. Non prenda
parte del culto delle divinità, e si astenga del pari dall'assistere
a feste religiose o dal partecipare a pellegrinaggi a luoghi sacri. (...) Non
traversi un fiume usando le mani per nuotare, non salga sugli alberi, non monti
su di un carro. Non compri e non venda alcunché, non partecipi ad alcuno
scambio. Rifugga dall'ipocrisia, dalla menzogna. Non faccia assolutamente nulla.
Se dovesse compiere qualche azione ciò ingenererebbe una inaccettabile
confusione di ruoli: l'unica attività che colui che rinuncia può
svolgere è la meditazione e simili. (...) Se si dedicasse allo studio
di trattati estranei alla sua brama di conoscere il Sé, sarebbe inutile
e patetico, come un cammello tutto adornato di belletto ottenuto con polvere
di zafferano.
Naradaparivrajakopanisad V vi.d-f, viii.e-f, xiii f
LA DISTRUZIONE DELLA MENTE
O principe tra i saggi, due sono le vie per distruggere la mente: lo yoga e
la conoscenza. Lo yoga è il superamento della condizione di mutabilità
dell'organo mentale, la conoscenza è il suo corretto esame. Una volta
superata la sua condizione di mutabilità, la mente subito si placa. E`
invero quando le fluttuazioni della mente si placano, anche il ciclo di nascite
e rinascite viene meno, a quel modo in cui gli affari quotidiani cessano col
venir meno del movimento dell'orbe solare intorno alla superficie della terra.
Sandilyopanisad
I 41 - 43 a
Duplice è la natura dell'organo mentale, a seconda che esso sia puro
o impuro. La mente impura è sospinta dai desideri, quella pura è
libera da brame. La mente e null'altro cagiona la schiavitù o la liberazione
degli uomini. La schiavitù consiste nell'adesione della mente agli oggetti;
la liberazione sorge quando la mente si ritrae dagli oggetti. Cessata l'adesione
agli oggetti, la mente confinandosi alla regione del cuore raggiunge lo stato
in cui non è più mente, ossia la condizione suprema. Controlla
la mente sino a che il processo di autoconsunzione non la porti nella regione
del cuore. Questa è la vera gnosi, questa è meditazione: tutto
il resto non è che ingombrante erudizione libresca. L'Assoluto infatti
non è pensabile né impensabile, e neppure è pensabile ed
impensabile ad un tempo. Pienamente libero da ogni parzialità, l'Assoluto
risulta incrollabilmente in sé compiuto. (...) L'Assoluto invero è
privo di parti, non soggetto a formalizzazioni concettuali, immacolato. Sapendo
di essere l'Assoluto gradualmente ci si rende pari ad esso. Riconoscendo che
esso è estraneo alla sfera di applicazione dei concetti, infinito, privo
di causa o di esempi che lo possano illustrare, incommensurabile, privo di un
inizio e di una fine, il savio giunge ad attingere la liberazione. Non si dà
distruzione né nascita; non v'è chi sia legato né chi si
sforzi di liberarsi. Nessuno cerca la liberazione, nessuno è liberato:
questa è la verità suprema. Sappi dunque che il Sé va considerato
come unico nei tre stati di coscienza, veglia, sogno e sonno profondo: per chi
riesce a travalicare questi tre stati non si dà affatto rinascita. Uno
solo è il Sé che si manifesta nei diversi esseri: vien visto come
uno oppure come molti, come accade al disco lunare riflesso in uno specchio
d'acqua. (...) Finchè resta ottenebrato dall'illusione della conoscenza
meramente verbale la differenza permane: dissolta la tenebra non si scorge altro
che unità. L'Assoluto di grado inferiore è solo un flusso di parole,
che una volta dissipatosi rivela l'Assoluto di grado superiore: su quest'ultimo,
sull'Assoluto imperituro, dovrebbe meditare il saggio che desideri procacciarsi
la quiete spirituale del proprio Sé. Due dunque sono gli Assoluti su
cui si deve meditare: il Verbo e l'Assoluto di grado superiore. Chi è
versato nello studio del Verbo riuscirà certamente ad attingere l'Assoluto
di grado superiore. Grazie allo studio dei testi l'uomo accorto, tutto intento
ad ottenere conoscenza e gnosi, dovrà a un certo punto abbandonare del
tutto lo studio libresco, come chi desideri procacciarsi del grano dovrà
di necessità lasciar da parte la paglia. Se il latte, pur munto da vacche
di diversi colori, ha tuttavia lo stesso colore, si consideri il soggetto percipiente
come il latte, le fonti della conoscenza come le vacche. Concentrando l'occhio
della conoscenza si evochi il pensiero: "Son io dunque quella grande sede
suprema, l'Assoluto privo di parti, esente da movimento, perfettamente quieto".
Tripuratapinyupanisad V 2-6, 8-12, 15-20
LA DISTRUZIONE DELLE IMPRESSIONI LATENTI SUBCONSCIE
La pratica che consiste nel considerare sempre ed ovunque ogni cosa nei termini
dell'Assoluto provoca la distruzione delle impressioni subconscie, ottenuta
grazie alla forza del processo mentale di ideazione positiva. Non ci si deve
permettere la minima negligenza nell'applicarsi alla meditazione devota sull'Assoluto:
chi conosce l'Assoluto dà a una simile negligenza il nome di morte. Come
il muschio rimosso dalle pareti di un pozzo vi ricompare in un attimo, così
l'illusione cosmica è pronta ad ottenebrare anche il saggio se solo egli
si distrae un momento.
Adhyatmopanisad II 13 - 15
IMPASSIBILITA` DELL'ASCETA
Il savio dovrebbe comportarsi come un fanciullo, assumere il modo di essere
proprio di un fanciullo: non si circondi di compagnia, sia esente da biasimo,
osservi il silenzio rituale, si valga della propria sagacia e non si ponga alcun
limite. In tal modo si ottiene l'isolamento di chi è liberato, secondo
quanto dice lo stesso demiurgo divino, il Signore degli esseri soggetti a nascita,
Prajapati. Avendo conosciuto con certezza questa sede colma di maestà
l'accorto prenda dimora presso le radici d'un si vesta di cenci, osservi la
solitudine e da solo s'immerga nella pratica detta dell'incentramento dell'attenzione.
Bramoso di conoscere il Sé, egli lo conseguirà e diverrà
affatto privo di desideri: le sue brame verranno meno. Non proverà timore
di alcuno in alcun modo, pur riconoscendo la forma stessa della morte in esseri
quali elefanti, leoni, tafani, zanzare, manguste, serpi, demoni nottivaghi e
musici celesti. Saldo come un albero resisterà, e dovessero pur farlo
a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo come una roccia resisterà,
e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà e non tremerà. Saldo
come lo spazio resisterà, e dovessero pur farlo a pezzi non si adirerà
e non tremerà. Grazie alla verità sarà in grado di resistere,
perché il Sé non è che verità. La terra è
il cuore di tutti gli odori, l'acqua è il cuore di tutti i sapori, il
fuoco è il cuore di tutte le forme, il vento è il cuore di tutti
i contatti, lo spazio è il cuore di tutti i suoni, il principio immanifesto
è il cuore di tutti i canti di lode, la morte è il cuore di tutto
ciò che è. La morte invero diviene tutt'uno con la divinità
suprema. Al di là di quest'ultima non vi è essere né non
essere e neppure essere e non essere. Questa è l'esposizione dell'estinzione
dei legami, questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata, sì,
questa è l'esposizione della scienza sacra rivelata.
Subalopanisad XIII
LO YOGA DALLE OTTO MEMBRA
LE OTTO MEMBRA DELLO YOGA
Odi dunque, o figlio di Samkrti, io ti esporrò la dottrina dello yoga
con le sue otto membra. Prima le prescrizioni e le restrizioni d'ordine morale,
quindi le posture del corpo, ed infine il controllo della forza vitale. A ciò
segue la ritrazione dei sensi dagli oggetti loro propri, supremo patrimonio
di conoscenza. Poi concentrazione, meditazione o incentramento dell'attenzione
coronano, o saggio, la disciplina.
Srijabaladarsanopanisad I 4 - 5
LE DIECI PRESCRIZIONI
Non violenza, verità, rifiuto adesso ogni appropriazione indebita, castità,
compassione, rettitudine, pazienza, fermezza, moderazione nel vitto e purezza
sono le dieci prescrizioni. La non violenza consiste nel non causare mai dolore
a nessun essere mediante atti corporei, vocali o mentali. La verità consiste
nel proferire parole conformi ai fatti e che siano foriere di prosperità
per gli esseri, mediante atti fisici, vocali o mentali. Il rifiuto di ogni appropriazione
indebita consiste nel non impadronirsi di proprietà altrui mediante atti
corporei, vocali o mentali. La castità consiste nel rinunciare sempre
al rapporto sessuale in ogni circostanza e condizione mediante i propri atti
corporei, vocali o mentali. La compassione consiste in una perpetua disposizione
d'animo pietosamente favorevole verso tutti gli esseri. La rettitudine consiste
nel mantenimento di equanimità ed uniformità negli atti corporei,
vocali o mentali per quanto riguarda l'esecuzione o la non esecuzione di azioni
rispettivamente prescritte o proibite. La pazienza consiste nel sopportare con
mansuetudine tutto ciò che risulti spiacevole o piacevole, come l'esser
battuto o riverito. La fermezza consiste nella capacità di conservare
la stabilità mentale in occasione dell'acquisto o della perdita di beni
o persone care. La moderazione nel vitto consiste nel cibarsi solo di alimenti
oleosi e dolci, lasciando vuota la quarta parte dello stomaco. La purezza poi
è da considerarsi duplice, a seconda se si esterna o interna. Quella
esterna consiste nella pulizia del corpo con argilla ed acqua; quella interna
comporta la purificazione dell'organo mentale, e si ottiene grazie alla conoscenza
del proprio Sé.
Sandilyopanisad I 1
LE DIECI RESTRIZIONI
Le dieci restrizioni sono: austerità, contentamento, retta fede, carità,
venerazione del Signore, osservazione dei sommi principi, pudore, retta opinione,
recitazione rituale, rispetto dei voti. L'austerità è la mortificazione
del corpo mediante l'esecuzione puntuale di varie pratiche ascetiche come quella
con cui a stento ci si conserva in vita o il digiuno regolato secondo le fasi
lunari eccetera. Il contentamento consiste dell'esser paghi di quel che ci giunge
secondo il caso. La retta fede consiste nel credere alla validità dei
meriti e dei demeriti, così com'è descritta nella scienza sacra
rivelata. La carità consiste nel donare con fede granaglie o denaro e
simili, guadagnati onestamente, a persone meritevoli. La venerazione del Signore
consiste nell'adorare con purezza gli dei, Visnu, Rudra e simili, secondo le
proprie capacità. L'osservazione dei sommi principi consiste nell'attento
esame del significato dei principi ultimi della scienza sacra rivelata. Il pudore
è la vergogna che si deve provare qualora si compiano azioni contrarie
al sentiero segnato dai precetti della scienza sacra rivelata o della saggezza
mondana. La retta opinione è la fede nella condotta che segua questa
sentiero. La recitazione rituale consiste nella pratica costante delle formule
sacre che non siano contrarie alla scienza sacra rivelata e siano state impartite
dal maestro spirituale secondo le regole prescritte. E` di due tipi, vocale
e mentale. Il tipo mentale va di conserva alla meditazione intellettuale. Il
tipo vocale è a sua volta duplice, a seconda che sia pronunciato ad alta
voce ovvero sussurrato. Il tipo pronunciato ad alta voce reca un frutto conforme
a ciò che proclamano i dettami della scienza sacra rivelata; il tipo
sussurrato ha un valore mille volte superiore; e millanta quello mentale. Il
rispetto dei voti poi consiste nella scrupolosa esecuzione o astensione rispetto
ad azioni prescritte o proibite dai dettami della scienza sacra rivelata.
Sandilyopanisad I 2
LE POSTURE DEL CORPO
Le posture del corpo più importanti sono otto: quella di buon auspicio,
quella a muso di vacca, quella del loto, quella del leone, quella dell'eroe,
quella prospera, quella libera e quella del pavone. Ponendo le piante di ambo
i piedi tra ginocchio e coscia, e tenendo il corpo eretto, si assume la postura
di buon auspicio. Posta la caviglia sinistra sotto il lato della natica destra
e la destra sotto il lato della sinistra si ottiene la posizione a muso di vacca,
così chiamata perché ricorda appunto il muso di una vacca. Se
si afferra l'alluce destro con la mano sinistra e viceversa, dopo aver posto
ambo i piedi sopra le cosce, si assume, o sandilya, la postura del loto, da
tutti venerato. Posto un piede sopra la coscia della gamba opposta e l'altro
sotto di essa si ha la postura dell'eroe. Posta a destra la caviglia sinistra
e viceversa, appoggiate le mani sulle ginocchia, le dita distese, la bocca spalancata,
si fissi la punta del naso attentamente: questa è la postura del leone,
sempre lodata da coloro che praticano lo yoga. (...) Si stringano le caviglie
sotto lo scroto ai due lati del frenulo prepuziale e si tengano fermi strettamente
i lati dei piedi con le mani: questa è la postura prospera, che distrugge
ogni malanno e vanifica ogni veleno. Si prema la caviglia sinistra sul lato
destro del frenulo prepuziale, là dove s'assottiglia, e la destra sul
fianco sinistra: questa è la postura libera. La postura del pavone, che
dissipa ogni calamità, è poi la seguente. Si poggi a terra su
entrambe le mani e si pongano i gomiti ai lati dell'ombelico, quindi si levino
in alto il capo e i piedi, sì da restare saldi in aria come un bastone.
Con queste pratiche ogni malanno del corpo svanisce, ogni veleno è riassorbito
senza danno.
Sandilyopanisad
I 3-8,10-14a
IL CONTROLLO DELLA FORZA VITALE
Il controllo della forza vitale si ottiene mediante l'inspirazione, l'espirazione
e l'apnea inspiratoria, che ne costituiscono le tre varietà. (...)
Disciplinando la forza vitale invero ci si libera in men che non si dica. Il
flusso del soffio che proviene dall'esterno per riempire completamente l'interno
del corpo è noto come inspirazione. Mantenere il soffio che ha interamente
riempito il corpo gonfiandolo come un vaso è l'apnea inspiratoria. L'emissione
all'esterno del soffio che sta all'interno è nota come espirazione.
Srijabaladarsanopanisad VI 1b-2a,12-13
LA RITRAZIONE DEI SENSI DAGLI OGGETTI LORO PROPRI
La ritrazione dei sensi dagli oggetti loro propri consiste nella cessazione
di ogni attività mentale riguardante gli oggetti che rappresentano l'ambito
di esplicazione dei sensi.
Mandalabrahmanopanisad I 1i
Ecco dunque la ritrazione dei sensi, che ha quintuplice forma. Il ritirarsi
a forza dei sensi degli oggetti loro peculiari è detto ritrazione. Contemplare
tutto ciò che si vede come se fosse il Sé è detto ritrazione.
La rinuncia ai frutti delle proprie azioni quotidiane è detta ritrazione.
Distogliersi da tutti gli oggetti dei sensi è ritrazione. Ed infine è
ritrazione la concentrazione rivolta rispettivamente ai diciotto punti vitali
sotto elencati: piedi, alluci, caviglie, polpacci, ginocchia, cosce, ano, membro
virile, ombelico, cuore, gola, palato, naso, occhi, punto mediano tra le sopracciglia,
fronte e capo, compiuta in ordine prima ascendente e pi discendente.
Sandilyopanisad I 69
CONCENTRAZIONE
Il primo distogliersi della mente dagli oggetti, seguito dal consolidarsi della
consapevolezza nella coscienza, è la concentrazione.
Mandalabrahmanopanisad I 1l-m
CONCENTRAZIONE, MEDITAZIONE E INCENTRAMENTO DELL'ATTENZIONE
La conncentrazione è triplice, a seconda che si rivolga a fissare la
mente sopra il Sé, a trasferire lo spazio esteriore nel rarefatto spazio
interno, o infine a contemplare le cinque forme divine nei cinque elementi,
terra, acqua, fuoco, vento e spazio. Ecco poi la meditazione, che comprende
due varietà, quella dotata di attributi e quella priva di attributi.
La prima consiste nella meditazione su di una forma divina. La seconda è
la meditazione sulla realtà del Sé. L'incentramento dell'attenzione
infine consiste nella condizione di identità che si instaura tra Sé
individuale e Sé supremo, e che si pone al di là della triade
di soggetto conoscente, conoscenza ed oggetto conosciuto. Tante stato è
fatto di pura consapevolezza, e in esso consiste la suprema beatitudine.
Sandiloypanisad I 70-72
Riuscendo a vedere l'Assoluto ovunque vagli la mente, si ottiene la concentrazione
mentale, che ne è la varietà suprema. La meditazione poi si ha
quando si indulge a pensieri positivi del tipo "Io sono l'Assoluto e null'altro",
senza che il pensiero si riferisca a nessun oggetto. Questo tipo di pratica
conferisce somma beatitudine. Il raggiungimento e il successivo superamento
di uno stato di immutabilità, mercè la comprensione della condizione
dell'Assoluto, porta allo stato di incentramento dell'attenzione. E il saggio
dovrebbe sforzarsi di perseguire questa beatitudine non artificiale sinchè
non riesca ad unirsi per un attimo alla condizione del Sé che costituisce
l'intimo del suo essere. Allora questo re di coloro che praticano lo yoga raggiunge
la perfezione e si libera del bisogno stesso di una disciplina spirituale.
Tejobindupanisad I 35-39a
YOGA E CONOSCENZA
Senza lo yoga come potrebbe mai la conoscenza conferire la liberazione? Senza
la conoscenza poi come potrebbe lo yoga procurare la salvezza. Pertanto chi
ardentemente desidera più d'ogni altra cosa la liberazione dovrebbe sforzarsi
di perseguire sia la gnosi sia lo yoga.
Yogasikhopanisad I 13-14a
Lo yoga va conosciuto tramite lo yoga, dallo yoga lo yoga acquista vigore.
Chi grazie allo yoga attinge la concentrazione prova diletto per lungo tempo.
Si fissi un termine al sonno, un limite al cibo, e si ponga mente a ben digerire.
Bandita ogni eccessiva austerità ci si sieda a proprio agio in un luogo
isolato e fresco, liberi da ogni brama, sforzandosi di raggiungere questa condizione,
oppure si cerchi di imbrigliare la forza vitale, senza deflettere dal sentiero
della propria pratica usuale. Si riempia la bocca di soffio vitale, e si faccia
penetrare il soffio che scorre verso il basso sin nella sede del fuoco gastrico,
divoratore dell'oblazione. Colà, arrestatolo, con le sei (sic) dita a
partire dai pollici si tappino orecchie, occhi e narici. Seguendo questa via
i praticanti riescono a sorgere appieno la loro parte di verità, la mente
tutta intenta alla molteplice contemplazione del sacro suono interiore. Orecchie,
bocca, occhi e naso vanno ostruiti. Allora nell'arteria che è detta "assai
graziosa" così purificata si potrà udire senz'alcuna distorsione
e chiaramente il suono interiore. Allora nella regione che si dice del suono
non prodotto da percussione si udrà una risonanza distinguibile in molteplici
armonie; il corpo del devoto diverrà divino, ripieno di splendore e colmo
di profumi celestiali, ed egli non sarà mai più soggetto a malattie
di sorta. Il suo cuore si colmerà di tale suono, ed allorquando lo spazio
ivi contenuto prenderà a risuonare egli diverrà a pieno diritto
un adepto dello yoga. Poi, infrantosi ogni ulteriore ostacolo, il soffio prenderà
a fluire nella regione mediana.
Saubhagayalaksmyupanisad II 1c-6
I SEI CERCHI D'ENERGIA SOTTILE
chi non comprende che nel proprio corpo vivono di queste entità, i sei
cerchi d'energia sottile, i dodici sostrati, le tre caratteristiche e i cinque
tipi di spazio, come potrà ottenere la perfezione? Quanto ai sei cerchi,
quello fondamentale ha quattro parti dette petali, quello fondato su se stesso
ne ha sei. Nell'ombelico vi è il loto da dieci petali, nel cuore quello
dai dodici raggi. La ruota a sedici raggi, detta purissima, sta a metà
delle sopracciglia, e ha due petali. Il cerchio che conta mille petali si trova
nella fontanella del cranio.
Yogacudamanyupanisad 3b-6a
LA FORMULA RECITATA INCONSCIAMENTE
Il respiro viene esalato con il suono "ha" ed inalato con il suo"
sa". Pertanto ogni individuo vivente recita perpetuamente questa formula
meditativa "Hamsa", ventunomilaseicento volte in un giorno e una notte.
Essa è detta "formula rituale sacra non recitata", ovvero recitata
inconsciamente, dai seguaci dello yoga, e si ritiene conferisca infallibilmente
la liberazione. Mercè la mera decisione di compiere questa recitazione
ci si sbarazza d'ogni male. Non v'è mai stata né vi sarà
scienza sacra, recitazione rituale o gnosi salvifica che possa stare alla pari
con questa formula ripetuta inconsciamente.
Yogacudamanyupanisad 31b-35a
SUONI MISTICI
Assunta stabilmente la postura perfetta si pratichi l'esercizio noto come sigillo
di Visnu: si udrà allora infallibilmente nell'orecchio destro levarsi
il suono interiore. Questo suono rende il praticante sordo a ogni disturbo sonoro
d'origine esterna. Superato ogni ostacolo, il devoto raggiunge il quarto stato
di coscienza in capo a una quindicina di giorni. All'inizio della pratica udrà
dapprima parecchi suoni di timbro possente. Con lo sviluppo dell'esercizio il
timbro del suono via via si assottiglierà sempre più. Nello stadio
preliminare i suoni saranno simili a quelli generati dall'oceano, da una nube
temporalesca, da un timpano o da una cascata. Nello stadio intermedio somiglieranno
al suono di un tamburo, di un'esclamazione di stupore, di campane, del corpo.
Nello stadio finale ricorderanno il suono di campanelle, del flauto di giunco,
del liuto, del ronzio sordo delle api. In tal modo egli udrà svariati
suoni via via più sottili. Giunto allo stadio in cui si percepisce il
suono del timpano e simili dovrebbe sforzarsi di dirigere la propria attenzione
solamente a quelli che si fanno via via più sottili. Potrà rivolgere
il proprio interesse ai suoni sottili a partire da quelli grosssolani o viceversa
non dovrà permettere che la mente si distragga rivolgendosi a nessun
altro oggetto. L'organo mentale si con centra dapprima su di un suono qualsivoglia,
si fissa progressivamente su di esso e giunge a fondervisi. Divenuta del tutto
insensibile agli stimoli esterni, la mente si fa tutt'una con il suono, come
il latte miscelato all'acqua, e rapidamente si dissolve nello spazio interiore
della coscienza. Divenuto indifferente ad ogni stimolo sensoriale mediante la
pratica costante di una simile meditazione, colui che segue il metodo dello
yoga dovrebbe concentrarsi ogni giorno vieppiù su questo suono che ha
la proprietà di annichilire la mente. Quandi, abbandonato ogni pensiero
e lasciata ogni aspirazione egli si concentrerà con tutto il suo essere
su tale suono, vedrà che la sua mente giunge a dissolversi in esso. Come
l'ape tutta intenta a suggere il nettare dei fiori non si cura del profumo che
essi emanano, del pari la mente, costantemente assorbita dal suono, più
non brama gli oggetti dei sensi, giacché, tutta avvinta dal soave aroma
di esso, ha abbandonato la sua natura instabile. Il serpente interiore della
mente è ipnotizzato dal suono, e dimentico d'ogni alla cosa si fa tutt'uno
con esso, senza più vagare altrove. La mente, che come un elefante infoiato
scorrazza nel giardino degli oggetti dei sensi, vien controllata grazie al pungolo
acuminato costituito dal suono. Il suono è la trappola per catturare
l'antilope interiore, è la sponda che argina l'oceano interiore, la mente.
Tale suono,
che procede dalla sillaba sacra che è l'Assoluto stesso, è sostanziato
di splendore divino. La mente è assorbita in esso, attingendo la sede
Suprema di Visnu.
Nadabindupanisad 31-47a
LA MANIFESTAZIONE DEL MONDO L'ASSOLUTO OLTRE OGNI MUTAMENTO
O Sandilya, il supremo Assoluto, che è la Realtà stessa, è
imperituro e scevro di azione.
Sandilyopanisad III 4
CARATTERISTICHE DELL'ILLUSIONE COSMICA
Priva di inizio, è suscettibile di subire una fine; è conoscibile
e al contempo non conoscibile; non si può dire che vi sia, né
che non vi sia, e neppure che ad un tempo vi sia e non vi sia; è causa
di ogni mutamento pur essendo priva di mutamento lei stessa; non è ben
definibile, essendo per definizione indefinibile; è priva di caratteristiche
individuanti: questi i tratti salienti dell'illusione cosmica.
Sarvasaropanisad IVe
CARATTERISTICHE DEL SIGNORE
Riflesso nell'illusione cosmica che sotto forma di purissima lieve luminosità
fa da sostrato all'universo, il Signore non è soggetto a nascita. (...)
Ed invero l'illusione cosmica non rappresenta altro che un'erronea costruzione
mentale sovrapposta alla signoria dell'Onnisciente. Facoltà di soggiogare
gli altri, unicità ed onniscienza gli appartengono. E` il Signore dei
mondi, grazie alla sua matura sostanziata di luminosità, alla sua perfezione
e al suo essere testimone d'ogni evento. E` in grado di manifestare il mondo,
di non manifestarlo o di manifestarlo altrimenti da com'esso si presenta.
Sarasvatirahasyopanisad 14a, 15-16
L'Assoluto, avendo manifestato i mondi mediante la potenza che ha il nome
di "principio oggettuale", penetra in essi e ne diviene l'intimo reggitore.
Giacché governa l'operare delle varie figure divine preposte alla manifestazione
dei mondi, nonché degli organi di senso e d'azione dei soggetti coscienti,
è detto "Signore".
Niralambopanisad 2
I CINQUE PRINCIPI DI REALTA`
Il corpo è composto di terra e di altri elementi grossolani. Ciò
che in esso si presenta come duro è fatto di terra, ciò che fluido
è fatto d'acqua, ciò che è caldo è fatto di fuoco,
ciò che si muove è fatto di vento, ciò che è cavo
è fatto di spazio. L'orecchio e gli altri organi costituiscono gli strumenti
di senso conoscitivi. L'orecchio è fatto di spazio, la pelle di vento,
l'occhio di fuoco, la lingua di acqua, il naso di terra. Ciò che tali
organi percepiscono è rispettivamente il suono, il tatto, la forma, il
sapore e l'odore, che sorgono dai rispettivi elementi grossolani, a partire
dalla terra. Gli organi di senso preposti all'azione poi sono la bocca, le mani,
i piedi, l'apparato escretore e quello riproduttivo. I loro ambiti d'azione,
che sorgono dai rispettivi elementi grossolani, a partire dalla terra, sono
nell'ordine l'atto di parlare, di afferrare, di muoversi, di espellere e di
godere. L'organo interno poi è quadruplice, diviso in mente, intelletto,
senso dell'io e coscienza. I loro ambiti di funzione sono rispettivamente la
volizione e
il dubbio, la decisione, l'orgoglio, la memorizzazione. Sede della mente è
la gola, dell'intelletto il volto, del senso dell'io il cuore, della coscienza
l'ombelico. Ossa, pel, vasi, nervi, capelli e e carne partecipano della natura
della terra. Urina, muco, sangue, sperma e sudore partecipano della natura dell'acqua.
Fame, sete, accidia, obnubilamento e copula partecipano della natura del fuoco.
Il camminare, il grattarsi l'aprire e il chiudere gli occhi e simili partecipano
della natura del vento. Desiderio, ira, cupidigia, obnubilamento e paura partecipano
della natura dello spazio. Il suono, il tatto, la forma, il sapore e l'odore
sono qualità proprie della terra. Il suono, il tatto, la forma e il sapore
sono qualità proprie dell'acqua. Il suono, il tatto e la forma sono qualità
proprie del fuoco. Il suono e il tatto sono qualità proprie del vento.
Il mero suono è la qualità propria dello spazio.
Sarirakopanisad I 1-20
LE SEI MODIFICAZIONI DEGLI ESSERI
Esistenza, nascita, crescita, maturità, decadimento e distruzione sono
le sei modificazioni cui vanno soggetti gli esseri.
Varahopanisad I 8
I QUATTRO STATI DI COSCIENZA
Si ha lo stato di veglia quando il Sé percepisce gli oggetti sensibili
grossolani quali il suono e simili tramite i suoi quattordici organi a partire
dalla mente, che hanno il sole come divinità di sostegno. Quando poi
il Sé, insieme ai quattro organi che costituiscono l'apparato mentale,
accompagnati dalle impressioni subconoscie ad essi relative, percepisce oggetti
sensibili quali il suono, anche in assenza della loro presenza fisica, si ha
lo stato di sogno. Quando, in grazia dell'assenza di funzionamento dei quattordici
organi (ossia i quattro mentali più i cinque sensi percettivi e i cinque
sensi d'azione) e del conseguente venir meno di una coscienza specifica, non
si percepiscono più in alcun modo oggetti sensoriali quali il suono,
e simili, allora si ha lo stato di sonno profondo. Ma quella unica ed ininterrotta
consapevolezza che funge da testimone tanto alla presenza quanto all'assenza
dei tre stati precedenti, di per sé scevra di tale presenza o assenza,
è ciò che vien detto il quarto stato.
Sarvasaropanisad Ic - IIa
IL PROCESSO DELLA RINASCITA
La morte, che è radicalmente alla rispetto ai quattro stati di coscienza,
ed è tale da ingenerare terrore in tutti gli esseri, dal manifestatore
divino Brahma giù giù fino all'umile filo d'erba, distrugge il
corpo grossolano. Poi il principio vitale individuale, obnubilato dall'ignoranza
e dagli elementi che compongono l'universo si appropria degli organi di senso
e di quelli d'azione, nonchè dei relativi oggetti e dei vari tipi di
forza vitale, insieme alle azioni che compie spinto dal desiderio, ed assume
un altro corpo, raggiungendo un diverso livello d'esistenza. I frutti delle
precedenti azioni del principio vitale individuale continuano a maturare, ed
esso non conosce riposo, come un insetto che si dibatta in uno stagno. Ed è
solo grazie alle buone azioni compiute che, al termine di parecchie rinascite,
sorge nell'uomo il desiderio della liberazione. Solo allora, se si è
fatto ricorso ad un buon maestro spirituale e lo si è servito per lunghi
anni, si potrà ottenere la liberazione dalla schiavitù. E in verità
causa della condizione di schiavitù è la mancanza di quest'esame
della condizione umana; la salvezza invece è originata da tale esame.
Pertanto ci si dovrebbe sempre sforzare di praticare un'analisi sul proprio
Sé. E` possibile accertare la realtà del Sé tramite l'esame
delle false attribuzioni cui questi va soggetto e la conseguente loro confutazione.
Pertanto non ci si dovrebbe stancare di esaminare con attenzione il mondo, il
principio vitale individuale e il Sé universale. Messo in luce il modo
proprio di essere del principio vitale individuale e del mondo, ciò che
resta è l'Assoluto, che si rivela non dissimile dal Sé individuale.
Paingalopanisad II 55 - 64
IL MODO PROPRIO DI ESSERE DELLA REALTA` L'ASSOLUTO IN SE' E PER SE'
Uno, senza secondo, reale, privo di nome e forma, questo io sono: mercè
questa riflessione che ha per oggetto l'identità io divengo l'Assoluto.
Sukarahasyopanisad III 5a
L'Assoluto non è soggetto ai tre tempi, passato, presente e futuro;
e anzi non è soggetto a alcun'altra possibile dimensione temporale. L'Assoluto
si presenta sia in possesso di attributi sia senza di essi. Privo di sostanza
propria, intimamente vacuo è l'Assoluto al principio, nel mezzo e alla
fine. Quest'intero universo invero è l'Assoluto. L'Assoluto sta al di
là dell'illusione cosmica, al di là delle qualità costituenti
il principio oggettuale. Infinito, inconoscibile, intatto, perfetto è
l'Assoluto. Senza secondo, somma beatitudine, puro, illuminato, sciolto, vero
e reale, onnipervadente, indifferenziato, indiviso è l'Assoluto. L'Assoluto
è essere, coscienza e beatitudine, luce di per sé splendente.
L'Assoluto non è pascolo per la mente o la parola. Integro, l'Assoluto
non dà luogo ai metodi logici di retta conoscenza. Incommensurabile,
l'Assoluto si lascia conoscere solo mercè i principi che costituiscono
il fine ultimo della scienza sacra. L'Assoluto è privo di distinzioni
quanto a luogo, a tempo e sostanza. Interamente perfetto è l'Assoluto.
Pari al quarto stato di coscienza, esente da mutamenti, unico è l'Assoluto.
Non soggetto alla dualità, inesprimibile a parole è l'Assoluto.
Tripadvibhutimahanarayanopanisad I 54-69
Infinito e non manifesto è questo Sé.
Jabalopanisad II 1
Chi ha gli occhi della mente riesce a scorgere tutti gli esseri, dal manifestatore
divino Brahma giù giù fino alle creature immobili. Gli iniziati
invero contemplano quell'uno, che irradia luce tutt'intorno e pervade ogni cosa.
Mantrikopanisad 16
Il supremo Assoluto è somma verità, e ha come attributi caratteristici
essere, coscienza e beatitudine. Inconoscibile, inesplicabile, inavvicinabile
dalla parola o dalla altrimenti, esso è puro, sottile, privo di forma,
immutabile, immacolato. E` altresì infinito, esente da distinzioni, incomparabile,
salvifico.
Yogasikhopanisad II 16 - 17
Vero e reale, il supremo Assoluto è l'unico rimedio a quest'universo
di trasmigrazione. Senza macchia al di là d'ogni immaginazione, perenne,
è privo d'un inizio, d'un mezzo o d'una fine.
Annapurnopanisad V 72
Il supremo Assoluto rifulge immacolato, privo di parti: è di buon auspicio,
imperituro, non conosce il dolore.
Parabrahmopanisad 8
Sostegno dell'intero universo, libero dalle coppie di opposti, il supremo Assoluto
è eterno. Si manifesta come essere, coscienza e beatitudine, e parola
e pensiero non riescono a comprenderlo.
Rudrahrdayopanisad 26
L'ASSOLUTO NEL CORPO
In mezzo alle sopracciglia si trova il salvifico Assoluto, che è essere,
coscienza e beatitudine, e si presenta come sommo splendore.
Mandalabrahmanopanisad
I 2d
L'ASSOLUTO PERSONALE
Chi, concentrando la mente in un sol punto, mediti assiduamente su di me, Hari
l'imperituro, e parimenti rifletta sul proprio Sé nel loto del cuore,
costui senza dubbio si libera. La mia forma è l'Assoluto scevro di dualità,
privo di un inizio, di un mezzo o di una fine. Chi con devozione partecipa della
mia luce splendente, che è essere, coscienza e beatitudine, quegli conosce
l'imperituro.
Vasudevopanisad 25 - 28
Vero e reale, eterno, testimone d'ogni evento è il Gran Signore: è
perpetua beatitudine, è libero da elaborazioni concettuali, ineffabile.
Il Beato, il Signore della parola, è dotato di una potenza impensabile,
e la terra è solo il prodotto dell'ignoranza degli uomini.
Sarabhopanisad 20
Egli tutto conosce, egli è il protettore del mondo.
Ekaksaropanisad 9
Onnisciente è il Signore (...), Sire degli esseri soggetti a schiavitù.
Jabalyupanisad 13
LA SILLABA SACRA
L'assoluto, che è la gioia del Sé individuale, il principio cosciente,
ha come modo proprio di presentarsi la triplice sillaba OM, costituita dai fenomeni
A, U e M. Colui che, dedito allo yoga, la pronunci, si libera dai lacci delle
nascite e delle rinascite.
Atmobodhopanisad I 1
IDENTITA` DELLE VARIE FIGURE DIVINE
Colui che percepisce del pari la coscienza e gli oggetti che ne sono privi,
quegli è l'incrollabile, sostanziato di conoscenza. Questi invero è
il Gran Signore, il sommo Hari. Questi invero è lo splendore di tutte
le luci, è il supremo Signore. Questi invero è l'eccelso Assoluto,
e quest'Assoluto sono io stesso, senz'alcun dubbio. Il vivente è Siva,
Siva è il vivente, e dunque codesto individuo vivente è sciolto
dai legami, è Siva. Il chicco di riso grezzo costretto dalla pula diviene,
quando se ne libera, riso brillato. Del pari l'individuo vivente è costretto,
ma quando sia distrutto il fardello delle sue azioni egli diviene pari a Siva
l'imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi lacci, ma quando se ne
libera diviene para Siva l'imperituro. Il vivente è avviluppato dai suoi
lacci, ma quando se ne libera diviene para Siva l'imperituro. Omaggio a Siva
che appare come Visnu, e a Visnu che appare come Siva. L'intima realtà
di Siva è Visnu, l'intima realtà di Visnu è Siva. Come
Visnu è sostanziato di Siva, così Siva lo è di visnu. Giacché
non scorgo differenza tra i due, possa io ottenere prosperità in vita.
Skandopanisad 4 - 9
PRIMA DEL TEMPO
In antico non c'era affatto tutto questo mondo: non c'era il cielo e lo spazio
intermedio, e neppure la terra c'era. Solo l'Assoluto, isolato, senza inizio
e senza fine, privo di un aspetto minuto o grossolano, privo affatto d'ogni
aspetto, impercepibile, sostanziato di conoscenza esisteva come pura beatitudine.
Avyaktopanisad 1
REALTA` ED APPARENZA
Quest'assoluto invero si manifesta assumendo le sembianze del mondo. (...)
Ma esso resta in realtà isolato, puro, per chi vede le cose com'esse
sono. E non si dà dunque conoscenza né ignoranza, mondo o realtà
suprema.
Atmopanisad 2 - 4 a
L'ASSOLUTO SI RIVELA COME IL SE'
Il supremo principio cosciente si manifesta assumendo le sembianze della coscienza,
ed è il sommo Sé. E` colui il quale per loro e in loro ode, pensa,
vede, impartisce l'insegnamento, tocca, grida, conosce, guida, colui il quale
è il principio cosciente interno a tutti gli altri, colui il quale va
conosciuto come il Sé. Colà non v'è più questione
di mondi o non mondi, dei o non dei, esseri bruti o non esseri bruti; colà
l'asceta non è più asceta, il sanguemisto non più sanguemisto,
il saggio non più saggio. Invero quell'unico supremo Assoluto rifulge,
e la molteplicità scompare. Colà non vige più il magistero
di dei, veggenti ed antenati, ma colui il quale si è risvegliato attinge
l'onniscienza.
Tripurataepinyupanisad V V iv-viii
Pienamente compiuto, senza inizio e senza fine, insondabile dalla conoscenza,
immutabile, ricolmo di essere, coscienza e beatitudine, imperituro, non soggetto
a modificazioni, il principio cosciente individuale è indifferenziato,
perfetto, infinito, il viso ovunque rivolto, irrefragabile ed inalienabile,
imprendicabile; privo di sostegno, di attributi qualificanti, di attività
proprie; sottile, indubitabile, immacolato; il suo modo proprio di presentarsi
è indeterminabile; impraticabile da parte della mente e della parola;
sovrabbondante di realtà ontologica, di per sé perfetto, puro,
illuminato, senza pari. Questo dunque è quell'Assoluto, uno e non duale.
Adhyatmopanisad II 61 - 64
Il mondo, il principio cosciente individuale, il Sommo Signore e simili non
hanno un'esistenza indipendente dal Sé compiuto e autonomo, e neppure
l'illusione cosmica: io sono intimamente privo delle caratteristiche di tutte
queste entità. Qualità come l'azione, il merito e simili, che
si presentano sotto le vesti della ignoranza e della più fitta tenebra
non sono in grado di scalfire me, il Sé che è luce di per sé
splendente. Colui il quale riesce a scorgere il proprio Sé come testimone
d'ogni evento quale che sia, al di là delle convenzioni dettate dall'ordinamento
sociale e dagli stadi di vita, dotato dello stesso aspetto dell'Assoluto, diviene
egli stesso quell'Assoluto. Colui il quale, grazie all'insegnamento ultimo impartito
dalla scienza sacra rivelata, veda quest'universo visibile come la sede suprema
che ha la forma stesso dello splendore divino, è immediatamente liberato.
Quando la conoscenza che vanifica l'erronea opinione secondo la quale il corpo
sarebbe il Sé sorge nell'uomo, questi ottiene la liberazione quand'anche
non la desiderasse affatto. Pertanto come potrebbe essere schiavo delle proprie
azioni colui che percepisce costantemente la gioia propria dell'Assoluto, caratterizzata
dalla pienezza di verità, conoscenza e beatitudine, in tutto superiore
alla tenebra dell'ignoranza? (...) Come un cieco non può scorgere neppure
il sole che pur risplende, così chi è privo degli occhi della
gnosi non può scorgere l'Assoluto, che non è che consapevolezza,
e ha la verità e la consapevolezza come sue caratteristiche qualificanti.
Varahopanisad II 11b-17a, 19
Il supremo sé va venerato secondo i precetti degli imperituri ed inalterabili
dettami della scienza sacra rivelata. (...) Simile ad un seme di baniano, ad
un chicco di miglio, esso è grande quanto la centomillesima parte della
punta di un capello. Inafferrabile, è per di più impercettibile.
Non è soggetto a nascita e nemmeno a morte; né brucia né
si bagna né si dissecca, non può essere scosso né trafitto,
e neppure tagliato o spezzato: è il testimone impassibile privo d'ogni
qualità. Puro, indivisibile, sciolto da ogni legame, sottile, privo di
parti, immacolato, esente da orgoglio, impenetrabile dai cinque sensi: suono,
tatto, sapore, vista ed odore, libero da dubbi, senza vane speranze, esso pervade
ogni cosa. Non lo si può concepire ed ancora meno descrivere. Purifica
ciò che è di per sé impuro ed inquinato. Sciolto com'è
dai lacci dell'azione, non v'è per lui alcuna possibilità d'essere
soggetto al ciclo delle rinascite.
Atmopanisad 1 d-i
L'INSEGNAMENTO INIZIATICO AI PIEDI DEL MAESTRO
IL FINE SUPREMO TRAVALICA L'AGIRE
Se di buon grado cede il frutto delle proprie azioni buone a chi gli è
caro, di quelle cattive a chi gli è sgradito, chi abbia rinunciato al
mondo praticando la disciplina della meditazione ottiene l'Assoluto imperituro.
Naradaparivrajakopanisad III 51
LA TRIPLICE DISTRUZIONE DELL'ILLUSIONE COSMICA
La molteplicità di opinioni possibili circa la realtà assoluta
sarà distrutta solo se si studino i trattati; la propensione ad agire
sarà distrutta grazie alla percezione diretta di tale realtà;
svanirà così anche lo sfarfallio multicolore dell'universo. Ecco
come vien meno l'illusione cosmica che vela il Sé.
Varahopanisad II 69
IDENTITA` DEL MONDO E DELL'ASSOLUTO
L'universo è l'Assoluto, e il Sé lo pervade interamente."
Io sono una cosa, il mondo un'altra": abbandonando questa perniciosa opinione
erronea non sono più possibili costruzioni mentali per l'Assoluto che
rifulge eterno. Non vi è più dolore, né illusione, né
vecchiaia, e neppure la rinascita.
Mahopanisad VI 12 - 13
INCONSISTENZA DEL MONDO
Il mondo in realtà non esiste. L'Assoluto è sostanziato di perpetua
beatitudine, ed è eterno e a sé stante, sciolto da ogni legame.
E` infinito, imperituro, quieto. Se pur vi fosse alcunché di diverso
da me, sarebbe falso come una fata morgana nel deserto. Se si potesse essere
spaventati dalle parole del figlio d'una donna sterile, allora si potrebbe dire
che il mondo esiste. Se un maestoso elefante potesse essere ucciso da un corno
di lepre, allora si potrebbe dire che il mondo esiste. Se ci si potesse ristorare
bevendo l'acqua d'un miraggio, allora si potrebbe dire che il mondo esiste.
Se si potesse soccombere sotto i colpi del corno d'un uomo, allora si potrebbe
dire che il mondo esiste. Il mondo esiste eternamente solo nella veridica città
celeste. Una volta provata la reale esistenza nel cielo del suo essere azzurro,
allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si potrà
foggiare un gioiello con la madreperla facendola passare per argento, allora
si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando un uomo verrà
morso dalla fune scambiata per una serpe, allora si potrà dire che il
mondo esiste davvero. Quando si potrà spegnere una lingua di fuoco con
una freccia d'oro, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero.
Quando dalle selve impenetrabili dei monti Vindhya si otterranno latticini,
allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando si potrà
cucinare usando come combustibile un pezzo di tronco di banano, allora si potrà
dire che il mondo esiste davvero. Quando una bimba appena nata riuscirà
a cucinare, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando
la lucerna effigiata in un dipinto riuscirà a dissipare la tenebra, allora
si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando un uomo defunto da
un mese si risveglierà la vita, allora si potrà dire che il mondo
esiste davvero. Quando la cagliata tornerà latte, quando il latte una
volta munto dalle mammelle di una vacca potrà rientrarvi, allora si potrà
dire che il mondo esiste davvero. Quando la polvere della terra si alzerà
dall'oceano, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando
si riuscirà a impastoiare un elefante infoiato con un pelo di tartaruga,
allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando il monte Meru
verrà squassato dalla fibra d'uno stelo di loto, allora si potrà
dire che il mondo esiste davvero. Quando l'oceano sarà legata dalla ghirlanda
delle sue onde, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando
il fuoco si sprigionerà dall'alto in basso, quando la fiamma sarà
fredda, allora si potrà dire che il mondo esiste davvero. Quando dal
fuoco sorgerà un loto, quando sulle maestose montagne si troverà
lo zaffiro, quando il monte Meru potrà poggiare su di un seme di loto,
quando la progenie d'un'ape inghiottirà una montagna, quando il Meru
vacillerà, quando una zanzara ucciderà un leone, quando nella
cavità all'interno di un atomo potrà espandersi il trimundio,
quando il fuoco necessario a bruciare un fuscello durerà in eterno, quando
gli oggetti sognati si presenteranno durante la veglia, quando la corrente di
un fiume si arresterà, quando un affamato potrà cibarsi di fuoco,
quando un cieco nato potrà giudicare con occhio esperto in materia di
gemme, quando il figlio d'un eunuco potrà soddisfare una donna, quando
si costruirà un carro fatto di corna di lepre, quando una vergine che
ha appena partorito sarà di nuovo pronta al rapporto sessuale, quando
il parto d'una donna sterile sarà fruttuoso, quando il corvo incederà
come un cigno, quando il mulo affronterà il leone ed assumerà
l'andatura dell'elefante, quando la luna piena diventerà il sole, quando
il sole e la luna non saranno più soggetti alle eclissi, quando i semi
torrefatti produrranno raccolto, quando il povero godrà della prosperità
dei ricchi, quando il leone sarà sconfitto dalla prodezza dei cani, quando
il cuore dei saggi si aprirà agli stolti, quando i cani avranno bevuto
l'oceano senza lasciarne una goccia, quando lo spazio sidereo cadrà sul
capo degli uomini, quando il cielo cadrà sulla terra, quando i fiori
che crescono in cielo spanderanno profumo, quando una foresta che appaia nello
spazio celeste prenderà a muoversi, quando uno specchio da solo produrrà
un riflesso senza che nulla vi stia di fronte, solo allora si potrà dire
che il mondo esiste davvero.
Tejobindupanisad VI 17 B- 99
Il saggio assorbito nella contemplazione dell'Assoluto dovrebbe bandire l'erronea
sovrapposizione che lo porta a identificare l'"io" e il "mio"
con il corpo e con i sensi, che sono ben diversi dal Sé. Riconosciutosi
nelle vesti del Sé individuale, testimone impassibile della mente e di
tutte le sue funzioni, il devoto dovrebbe pensare" io sono Quello",
cessando di accarezzare l'idea che il Sé si trovi altrove (...) Dal manifestatore
divino Brahma giù giù sino al filo d'erba tutte queste sovrapposizioni
erronee non son che vacuità: e dunque si deve finalmente giungere a percepire
il proprio Sé come compiuto ed esistente il forza di sé solo.
Il Sé è Brahma, il Sé è Visnu, il Sé è
Rudra, il Sé è Indra: tutto quest'universo è il Sé
e non v'è nulla di altro del Sé.
Adhyatmopanisad II 1 - 2, 19 -20
Come per errore si scambia una fune per un serpente, così colui la cui
mente è obnubilata dall'ignoranza della verità percepisce il mondo
come realtà. E come quando si riconosce nell'oggetto temuto null'altro
che un pezzo di corda l'idea illusoria, del serpente cessa di sussistere, così
quando si è giunti a conoscere il sostrato d'ogni cosa e perciò
l'universo appare in tutta la sua vacuità, al devoto non rimane più
alcun residuo di conseguenze di azioni trascorse da scontare, giacché
pure il corpo non è che parte di quest'illusoria manifestazione del mondo.
Nadabindupanisad 26b-28
Quella suprema visione che si mostra tra le maglie della triade del soggetto
percipiente, di ciò che ven percepito e dell'atto di percepire è
tale che non v'è nulla affatto che possa essere ritenuto superiore ad
essa, o savio.
Mahopanisad II 69
Ripudia il giusto e l'ingiusto, ripudia tanto la verità che la menzogna.
DISTRUZIONE DEI CINQUE TIPI D'ERRORE
Allora sorse in me questa comprensione, in forza del a visione della cangiante
mutevolezza del mondo. Quintuplice risplende ora l'errore, ed ecco come liberarsene.
Il primo errore sta nel considerare il principio vitale individuale come separato
e distinto dal Sommo Signore. Il secondo consiste nel considerare realtà
il soggetto agente. Il terzo sta nel considerare il Sé intimamente ed
indissolubilmente connesso ai suoi tre involucri corporei. Il quarto è
la perversa convinzione che la causa del mondo sia soggetta a mutamento. Il
quinto è l'errore per cui il mondo, in quanto distinto dalla sua causa,
vien concepito come un che di reale. Ed ecco che nella coscienza si manifesta
allora d'un lampo la distruzione dei cinque tipi di errore. Il primo errore
svanisce grazie alla percezione della dipendenza del riflesso dalla superficie
riflettente. Il secondo errore vien meno se si pensa alle particelle di colore
rosso me per la loro vicinanza paiono chiazzare un cristallo che in realtà
resta immacolato. Il terzo errore scompare ponendo mente all'esempio dello spazio,
che non è legato al vaso che lo contiene. L'errore che considera il mondo
reale in quanto distinto dalla propria causa è distrutto ponendo mente
all'esempio del serpente erroneamente percepito al posto della fune. L'errore
poi che considera la causa prima come soggetta a mutamento è vanificato
riflettendo all'esempio degli ornamenti che, pur diversi, sono tutti fatti solo
di oro e di null'altro. Così ho esposto dall'inizio la forma propria
dell'Assoluto. Raggiungi dunque così anche tu, o Nidagha, la conoscenza
della realtà.
Annapurnopanisad I 12 b-16
Se si porta via un vaso, la stessa sorte non tocca allo spazio che in esso
era contenuto, ed è il vaso a essere portato via ma non lo spazio: così
si consideri il principio cosciente individuale come simile allo spazio.
Pripuratapinyupanisad
V 13
IL SE' E L'ASSOLUTO
Quel che è uno, risplendente, base della potenza del Sé, onnisciente,
Signore di tutto, l'intimo Sé di ogni essere, nascosto in ogni essere,
scaturigine degli esseri, raggiungibile solo tramite lo yoga, colui che manifesta,
sostiene e riassorbe l'universo, quegli è il Sé. Sforzati di conoscere
la varietà dei mondi entro al Sé. Non affliggerti: se conoscerai
il Sé giungerai al termine del tuo patire. (...) Così disse il
sacerdote: "Giacchè accresce a fa accrescere ogni cosa, prende il
nome di supremo Assoluto"." E perché mai vien anche detto Sé?"
"Giacchè ottiene tutto, s'impadronisce di tutto ed è tutto
prende il nome di Sé".
Sandilyopanisad II 12 - 15, III 15 - 17
IL SE'
L'insegnamento segreto riporta alcune stanze che riguardano ciascuna il significato
di un grande detto. Ciò in grazia del quale si vede, si ode, si afferrano
gli odori e si articola verbo, quel che discerne il dolce dall'amore, è
noto con il nome di coscienza. La possiedono gli dei dai quattro volti, Indra,
gli uomini, i cavalli, i bovini e simili. Una è la coscienza, a partire
dall'Assoluto: l'Assoluto è una massa di consapevolezza, presente anche
in me. Compiuto, il supremo Sé risiede in questo stesso corpo, che è
abilitato a fruire della conoscenza. Rinsaldatosi grazie al ruolo di testimone
degli eventi svolto dall'intelletto, rifulgendo viene in essere l'io. Di per
sé compiuto, il supremo Sé viene lodato in queste stanze con il
nome di Assoluto. Semplicemente pensando "Io sono" io divengo l'Assoluto.
Sukarahasyopanisad III 1 - 4
L'assoluto è Realtà, conoscenza e beatitudine. E` reale perché
non soggetto a distruzione. Ciò che non perisce in mezzo a quel che è
perituro: nomi, regioni, epoche, cose, cause ciò è detto realtà.
Conoscenza è il nome che prende la consapevolezza che non conosce nascita
e neppure declino. Infinito è ciò che, al pari dell'oro nelle
trasformazioni dell'oro, dell'argilla nelle trasformazioni dell'argilla, del
filo in manufatti quali una collana e simili, precede, a partire dall'elemento
immanifesto, i diversi sviluppi della manifestazione del mondo, e che è
in sé compiuto e sempre accompagna tali sviluppi. Una consapevolezza
siffatta prende il nome di infinito. Beatitudine è poi il nome di uno
smisurato oceano di gioia che è felicità e consapevolezza, e che
si presenta come una prosperità indifferenziata. Ciò che in tal
modo è dotato di una siffatta quadruplice caratteristica individuante,
che dimora immutabile attraverso regioni, epoche, cose, cause, è noto
con il nume di "Supremo Sé"
Sarvasaropanisad IIIe-h/IVa-c
IL LIBERATO
Mi fondo sulla beatitudine insita nel mio intimo, ho smascherato il fantasma
delle vane speranze, considero quest'intero universo alla stregua di un trucco
da baraccone: come potrebbe la sciagura della rinascita farsi strada in me,
che non sono attaccato a nulla?
Maitreyopanisad I 12
LA MEDITAZIONE ASSIDUA
Quando, grazie alla pratica congiunta dell'attento ascolto dell'insegnamento
e della contemplazione, il senso della dottrina si manifesta al di fuori di
ogni dubbio (...) si ha la meditazione assidua.
Adhyatmopanisad II 34
Tramite la meditazione ci si deve dedicare a trasformare il proprio Sé
nell'Assoluto non duale, che è essere, coscienza e beatitudine, e si
deve divenire pari a quest'Assoluto che è essere, coscienza e beatitudine:
questo è l'insegnamento.
Vajrasucikopanisad 29
Io sono puro, rappresento la facoltà della vista, e sono intimamente
esente da mutamenti. Davanti e dietro, sopra e sotto interamente compiuto e
perfetto io qui mi contemplo. Non soggetto a nascita né invero a morte
o a vecchiaia, immortale, luce di per sé splendente, onnipervadente,
io sono imperituro. Non causa e del pari al di là di un mero effetto,
immacolato, da sempre e per sempre soddisfatto io mi contemplo.
Muktikopanisad II 74-75
DALLA MEDITAZIONE ALL'INCENTRAMENTO DELL'ATTENZIONE, NEI SUOI VARI GRADI
Si definisce incentramento dell'attenzione lo stato in cui, ripudiata la dicotomia
tra colui che contempla e l'oggetto della contemplazione, gradatamente mi medita
si fa tutt'uno con l'oggetto della sua meditazione, e rimane immoto come la
fiammella di una lampada in un luogo non turbato da vento. Quando la coscienza
è sotto il dominio del Sé, le funzioni della mente, che la turbano,
non vengono neppure percepite: le si può solo inferire in base al ricordo,
giacchè esse sorgono in colui la cui mente è agitata. (...) E
i migliori tra quanti conoscono la yoga chiamano un siffatto incentramento dell'attenzione
"nuvola di virtù", giacché fa piovere a rovescio a migliaia
le gocce del nettare l'immortalità del merito. Grazie ad esso miriadi
di impressioni subconscie vanno distrutte senza lasciare traccia, e le conseguenze
degli atti, che prendono il nome di meriti e demeriti, vengono eliminate alle
radici. Il verbo che prima rimaneva non illuminato ed invisibile, ora risplende
come l'essere; e la luce della comprensione si rivela manifesta, come un frutto
di mirabolano che stia sul palmo della mano. Quando le impressioni subconscie
che nascono dai sensi cessano di prodursi, allora avviene il distacco. L'intelletto
raggiunge il suo limite supremo quando l'idea dell'io viene meno. Quando poi
le funzioni mentali che turbano la coscienza vengono distrutte, esse non sono
più soggette a sorgere di nuovo: quello è il punto oltre il quale
cessano le passioni. L'asceta che fruisce di una perpetua beatitudine, il cui
sé si sia dissolto nell'Assoluto privo di forma ed esente da qualsivoglia
attività, si definisce uno "di salda saggezza." E si dice sia
saggio colui che si è purificato immergendosi nell'identità dell'Assoluto
e del Sé...
Adhyatmopanisad II 35 - 44
IL FRUTTO DELLE AZIONI COMPIUTE NELLE VITE ANTERIORI
Come un pezzo di legno è portato dalla corrente d'un fiume, ora alla
superficie ora verso il fondo, così il corpo è portato dal destino,
conformemente al tempo e alle esperienze fatte.
Atmopanisad 18 b- 19 a
Finchè rimane affetto dalla percezione di sensazioni quali il piacere
e simili, l'uomo è soggetto alle conseguenze di azioni accumulate anteriormente.
L'atto precede invariabilmente il sorgere del frutto ad esso relativo, e non
v'è luogo in cui si possa sfuggire all'azione. Tramite la comprensione
espressa dalla formula "Io sono l'Assoluto" si distruggono azioni
accumulate durante millanta miriadi di nascite precedenti, a quel modo in cui
al risveglio le azioni compiute in sogno svaniscono. Un ascet, riconosciutosi
privo di attaccamento ed indifferente come lo spazio, non risulta per nulla
afflitto da alcuna sua azione in alcun momento. Lo spazio associato ad un vaso
non è neppure sfiorato dall'aroma di una sostanza inebriante che sia
contenuta in esso: del pari il Sé, per essere associato a delle sovrapposizioni
erronee, non è tocco dal merito che par derivarne. L'azione che ha cominciato
a far maturare un frutto prima del sorgere della gnosi salvifica non può
venir da essa distrutta. Non essendo ancora stato distribuito il frutto
relativo, il caso si presenta simile a quello di una freccia scoccata verso
un bersaglio, che non è più possibile richiamare indietro. Infatti
un dardo scagliato contro un oggetto che si crede sia una tigre non si arresta
solo perché troppo tardi ci si accorge trattarsi invece di un bovino,
ma a causa della sua velocità trapassa con violenza il bersaglio. Quando
si comprende che il proprio Sé è immune da vecchiaia e morte,
come mai ci si potrebbe ingannare credendo in un'inesistente azione iniziata?
L'azione iniziata giunge a compimento allorquando si consideri fermamente il
corpo come il Sé. Ma la concezione del corpo come il Sé non è
affatto auspicabile, e dunque si dovrebbe abbandonarla con l'azione iniziata.
Ed infatti attribuire l'azione intrapresa a questo corpo non è altro
che una concezione erronea e fallace. Come potrà dirsi reale ciò
che risulta erroneamente sovrapposto a qualcos'altro? Come potrà venire
in essere qualcosa che è privo di realtà? Come potrà essere
distrutto ciò che non è mai nato? Come potrà esservi azione
incompiuta per ciò che non è reale? La tradizione sacra parla
di azione incompiuta solo in senso esteriore, per soddisfare il dubbio di quegli
insipienti che pensano: "Se la conoscenza distrugge i risultati della nescienza
dalle radici, come può mai esistere il corpo?"; non già per
inculcare nei saggi la nozione dell'esistenza reale del corpo e simili.
Adhyatmopanisad II 49 - 60
Non si sperimentano le conseguenze di azioni incompiute successivamente al
sorgere dell'alba della conoscenza dei principi di realtà, a causa dell'irrealtà
del corpo e simili, pari alle cose percepite in sogno una volta risvegliatisi.
Le azioni note come "intraprese nel corso di nascite precedenti" non
sussistono per costui, a causa dell'assoluta inesistenza di quelle stesse altre
nascite per quanto lo riguarda. Come il corpo immaginato in sogno non è
che una proiezione irreale così accade per chi si considera in stato
di veglia dotato di un corpo: come mai potrà venire in essere alcunché
di irreale? E Qualcosa che non è giammai venuto in essere, come potrà
sussistere?
Nadabindupanisad 22 b- 25 a
L'ESPERIENZA DELLA LIBERAZIONE
Chi conosce se stesso tramite la propria percezione diretta, e percepisce
il proprio Sé come un che di indiviso, quegli può dirsi perfettamente
compiuto. Egli si trova pienamente a suo agio, e vive con il principio vitale
individuale immutabile che dimora nel suo stesso Sé. "Dove se n'è
andato dunque il mondo, e donde era venuto fuori, e dove mai andrà a
finire? Appena un attimo fa lo vedevo, ora non c'è più: che gran
meraviglia! Che dovrei accettare, come sarebbe meglio rifiutare? Che c'è
d'altro, di differente da me? In questo immenso oceano dell'Assoluto, ricolmo
del nettare di una beatitudine indivisa, non riesco a scorgere, udire o conoscere
alcunché. Rimango nel mio Sé, che si presenta come perpetua beatitudine,
e sono dotato di caratteristiche proprie solo a me stesso. Privo d'attaccamento
io sono, immune da ogni corpo, privo di attributi: Hari io sono! Acquietato,
infinito, in me compiuto, Brahma l'antico di giorni io sono! Non soggetto d'azione
e neppure oggetto, esente da mutamenti e imperituro io sono, ed appaio come
pura luce intellettuale. Svincolato da qualsivoglia legame, Siva l'eterno io
sono!"
Adhyatmopanisad II 65 - 70
Io sono l'Assoluto, ch'è essere, coscienza e suprema beatitudine, e
null'altro.
Mahopanisad II 11 b
A quel modo in cui lo zucchero pervade interamente la melassa, così
io sotto l'aspetto dell'Assoluto non duale pervado interamente il trimundio.
Dal demiurgo divino Brahma giù giù fino all'infimo insetto tutti
gli esseri trovano in me la loro forma, proprio come le bolle ed altri movimenti
dell'acqua come le onde non son che trasformazioni dell'oceano. Come l'oceano
poi non desidera per nulla il flusso mutevole delle onde, così io, la
forma stessa della beatitudine spirituale, non desidero affatto la soddisfazione
dei sensi tramite gli oggetti che sono loro propri. Come chi è dotato
di beni di fortuna non concepisce desiderio di essere povero, così io,
immerso nella beatitudine dell'Assoluto, non concepisce desiderio di fruire
degli oggetti dei sensi. Come infine uno che sia accorto se vede del nettare
d'immortalità e del veleno mortale scarta il veleno, così io,
avendo scorto il Sé, rifiuto quel che non è il Sé.
Atmabodhopadisad II 13 - 17
MISCELLANEA
DIMORA DELL'ASCETA
l'asceta dovrebbe fermarsi per una notte in un villaggio, per cinque in una
città, ma per quattro mesi se durante la stagione delle piogge. Se gli
dovesse accadere di fermarsi per due notti in un villaggio, in lui sorgerebbero
brame e vizi, e sarebbe bell'e pronto per i tormenti internali. Dovrebbe vivere
al margine d'un villaggio, in un luogo non abitato da alcuno, controllando il
proprio principio vitale, rinunciando a una stabile dimora. Dovrebbe vagare
sulla terra come un verme o un insetto, e risiedere nello stesso luogo per un
periodo non superiore alla stagione delle piogge, libero da qualsivoglia brama,
con una sola veste o con nessuna affatto, tutto intento alla contemplazione
esclusiva dell'Assoluto. Percorra il vasto mondo attenendosi sempre alla pratica
della meditazione, senza giammai macchiare la retta via. Vaghi sempre il monaco
questuante in regioni pure, rispettando scrupolosamente i doveri inerenti alla
propria condizione, gli occhi costantemente fissi a terra. Ma non si faccia
cogliere lungo il cammino dalla notte, dal mezzodì o dai due crepuscoli.
Poiché percorra luoghi isolati, difficili da traversare o tali che vi
sia inevitabile sopprimere esseri viventi per oltrepassarli. Potrà fermarsi
per un giorno in un villaggio, per tre in un centro urbano, per due in un borgo,
per cinque in una città. Dimori in uno stesso luogo per un periodo non
superiore alla stagione delle piogge, se la zona completamente circondata dalle
acque.
Naradaparivrajakopanisad IV 14 B- 21
LA VIA IMMEDIATA E QUELLA GRADUALE
Gli antichi veggenti Suka e Vamadeva dan nome a due sentieri divini: quello
di Suka è noto come il sentiero dell'uccello, ossia il sentiero immediato,
quello di Vamadeva come quello della formica, ossia il sentiero graduale. Coloro
che sono pervenuti alla conoscenza del proprio Sé tramite la scrupolosa
osservanza delle restrizioni e prescrizioni della scienza sacra, l'attento esame
dei grandi detti ivi contenuti e l'incentramento dell'attenzione che nasce dallo
sforzo di distinguere il principio cosciente da quello oggettuale o dalla pratica
dello yoga, purificatisi seguendo la via di Suka raggiungono la sede suprema.
Tramite la ripetuta pratica delle prescrizioni e simili nonché delle
posture prescritte dallo yoga della forza alcuni son divenuti soggetti a quegli
ostacoli spirituali rappresentati dai poteri sovranormali mondani quali la facoltà
di diventare piccolo a piacere e simili. Costoro, non avendo ottenuto il frutto
desiderato della liberazione, rinasceranno in una famiglia dabbene e riprenderanno
a praticare lo yoga in forza delle impressioni subconscie accumulate in precedenza.
Attraverso la pratica dello yoga nel corso di molteplici rinascite essi ottengono
la sede suprema di Visnu, ossia la liberazione, seguendo la via di Vamadeva.
Vi son dunque due benefiche vie atte a conferire l'attingimento dell'Assoluto,
l'una che dona la liberazione immediata, l'altra che la fa raggiungere in modo
graduale.
Varahopanisad
IV 36 - 42 A
GRANDI DETTI SU ARGOMENTI DIVERSI
La scienza dei centootto insegnamenti esoterici ch'io t'ho insegnato è
un segreto da custodire gelosamente. Se la si studia, comprendendola o meno,
essa è per ciò stesso in grado di conferire la liberazione. Per
esaudire il desiderio d'un supplice si potrà donare un regno, o beni
terreni: ma questa scienza dagli centootto insegnamenti giammai va affidata
ad un miscredente, ad un ingrato, a chi sia dedito ad azioni contrarie al buon
costume, a chi sia privo di devozione nei miei riguardi, o a chi si smarrisca
nel dedalo dei trattati. In nessuno caso poi la si potrà impartire a
chi sia privo di devozione per il proprio maestro spirituale. O Maruti, dopo
un accurato esame la si potrà trasmettere solo ad un discepolo che serve
devotamente il proprio maestro, ad un figliolo dabbene, ad un mio devoto, ad
un virtuoso, ad un rampollo di buona famiglia o a chi sia dotato di mente acuta.
Chi studi o ascolti quest'insegnamento ripartito in contootto libri senza dubbio
appartiene a Me. Così è detto nelle sacre strofe degli inni: "Ecco,
la Conoscenza s'accostò ad un sacerdote e gli disse: 'Proteggimi, io
sarò il tuo tesoro. Non mi rivelare a chi è roso dall'invidia,
a chi non segue la retta via, al fraudolento: così mi manterrò
potente'".
Muktikopanisad I 45 B- 51
Quando in questo sacro guado gli spiriti vitali si dipartono da un individuo,
è Rudra stesso a recitargli la formula salvifica, mediante la quale egli
divenendo immortale partecipa della liberazione. Per questo si dovrebbe riverire
quella sublime meta di pellegrinaggio nota come "luogo non sciolto",
che giammai si dovrebbe abbandonare.
Ramottaratapinyupanisad 1d
La spontanea assenza di desiderio per i piaceri di là da venire e il
godimento di quelli del passato sono le caratteristiche del savio.
Mahopanisad V 171
Le relazioni di parentela non van tenute in piccolo conto: la famiglia soltanto
è il regno dei magnanimi.
Mahopanisad VI 71
UNO E` IL SIGNORE
Uno è il Signore splendente, nascosto in ognuno degli esseri. L'universo
intero Egli pervade, è l'intima realtà di ciascuno degli esseri.
Ad ogni atto sovrintende, risiede nell'intimo di ciascuno, è il testimone
impassibile di ogni evento, la coscienza universale, da ogni legame sciolto,
ed è privo di attributi.
Gopalottaratapinyupanisad 18
LE SEI PRATICHE ASCETICHE
Il muto, l'eunuco, lo zoppo, il cieco, il sordo e l'idiota: il monaco questuante
verrà liberato se si conformerà al comportamento di questi sei
personaggi. Colui che non bada neppure a ciò che mangia, che non un dice
"questo è desiderabile, quest'altro no", che pronuncia solamente
parole giovevoli, rispondenti a verità e misurate, questi è il
muto. Quegli che resta parimenti impassibile di fronte alla vista di una neonata,
di una sedicenne e di una vegliarda di cent'anni, è detto l'eunuco. L'asceta
vagante che non è disposto a spostarsi per più d'un miglio in
qualunque direzione per ottenere la questua o per soddisfare le proprie necessità
corporali vien detto zoppo. L'anacoreta, immobile o in cammino, la cui vista
non si estenda al di là di quattro spanne sul terreno vien detto cieco.
Colui che pur avendo udito parole di buono o cattivo auspicio, tali da recare
diletto ovvero fastidio alla mente, si comporti come se non avesse sentito nulla,
vien detto sordo. Quell'abile asceta che, pur in prossimità di una miriade
di oggetti, riesce a mantenere integri i propri sensi, e sembra perennemente
addormentato, vien detto idiota.
Naradaparivrajakopanisad III 62 - 68
EMBRIOLOGIA
Se prevale il seme maschile nasce un maschio, se quello femminile una femmina.
Se i due fluidi seminali si equiparano nascerà un eunuco. Da una mente
turbata nascerà un cieco, uno zoppo, un gobbo, un nano. Nel caso in cui
il corpo si formi in seguito alla divisione in due parti dello sperma, dovuta
alla collisione dei due distinti soffi vitali maschile e femminile l'uno contro
l'altro, si avranno due gemelli.
Garbhopanisad 3 i-m
LA FISIOLOGIA SIMBOLICA
Il corpo è lungo novantasei dita. La forza vitale si estende oltre il
corpo in un raggio di dodici dita. Colui il quale tramite la pratica della sconsiglia
riesce a ridurre la forza vitale contenuta nel proprio corpo a una misura pari
o inferiore a quella del fuoco corporeo diventa il più potente tra coloro
che si dedicano allo yoga. Negli esseri umani la regione del fuoco somatico
si trova nella parte mediana del corpo, ha forma triangolare e risplende come
oro fuso. Nei quadrupedi ha forma quadrangolare, nei volatili circolare. Nella
parte mediana di tale regione si trova una fiamma benefica, sottile, purificatrice.
La parte mediana del corpo degli esseri umani si trova in una zona posta due
dita al di sopra dell'ano e del pari due dita sotto l'organo sessuale. Nei quadrupedi
questa regione è nel mezzo del cuore, nei volatili nel mezzo del ventre.
A una distanza di nove dita dalla zona mediana del corpo si trova una forma
circolare che si estende per quattro dita verso l'alto e al centro della quale
è situato l'ombelico. Ivi si trova un cerchio d'energia che novera dodici
raggi, nel cui centro vaga il principio vitale individuale, sospinto dalle conseguenze
delle sue azioni, fonte di merito o di demerito a seconda dei casi. Come un
ragno vaga nella rete intessuta dai fili che compongono la ragnatela, così
la forza che riempie il corpo dandogli la vita si muove in questa regione. In
questo corpo invero in principio vitale individuale cavalca per così
dire sulla groppa della forza vitale. Nel mezzo, al di sotto e al di sopra dell'ombelico
si trova la sede della potenza acciambellata a mò di serpente, che ha
l'aspetto di un'ogdoade di principi oggettuali e si attorce in otto spire. Il
movimento del soffio regola in modo opportuno tutt'intorno acqua, cibo e simili,
ai lati del tronco. Nel momento della pratica dello yoga la potenza attorcigliata
a mò di serpente penetra con il capo l'apertura della fontanella del
cranio, il foro di Brahma, e grazie al fuoco generato dal soffio discendente
prende a risplendere nello spazio del cuore con grande luminosità, assumendo
la forma stessa della conoscenza. Da tale potenza in forma di serpe promanano
quattordici canali o arterie principali in cui scorrono le energie che animano
il corpo. Questi i loro nomi: Offerta, Dorata, Vezzosa, Fluida, Marina, Nutriente,
Lingua d'elefante, Splendida, Matrice dell'universo, Luna nuova, Madreperlacea,
Lattifera, Limite insuperabile, Fragrante. Di esse, la Vezzosa è il fondamento
stesso dell'universo, il sentiero che conduce alla salvezza. Situata posteriormente
all'ano, si unisce alla colonna spinale che è come il manico di un liuto
estendendosi sino alla testa, e precisamente al foro di Brahma. E` qualcosa
di invisibile, sottile, dotata della potenza propria di Visnu. Alla sinistra
della Vezzosa si trova l'Offerta, alla sua destra la Dorata: nella prima si
muove la luna, nella seconda il sole. La luna si presenta con le caratteristiche
del principio tenebroso, il sole con quelle del principio dinamico. Il sole
è la parte venefica, la luna quella del nettare d'immortalità:
congiuntamente dirigono il tempo, laddove la Vezzosa lo divora.
Sandiloypanisad I 15 ix-xli
L'INSEGNAMENTO NELLA SELVA
Ed ecco che un tempo Narada, vanto dell'ordine degli asceti peregrinanti, vagava
per tutti i mondi rendendo col suo solo sguardo puri i luoghi di pellegrinaggio
che gli capitava per avventura di visitare: aveva ottenuto la purezza mentale,
giacché era esente da animosità, sereno, libero dal richiamo dei
sensi. Egli scorse la selva di Aimisa, ricettacolo di virtù, piena d'asceti
silenziosi dediti alla contemplazione del loro essere che avevano ottenuto la
beatitudine che deriva dal controllo di se. Ed egli vi entrò recitando
storie su Hari, e salmodiando le sette note della scala musicale, che è
in grado di infondere il disgusto per l'universo manifesto e di generare la
facella del distacco, nonchè di instillare la devozione per il Signore
negli esseri mobili ed immobili. Ed affascinò le schiere degli esseri
ivi convenuti: uomini, cervi, centauri, dei, creature semidivine, ninfe celesti.
Ed avendo scorto il devoto del Signore, Narada il nato da Brahma, Saunaka e
gli altri sommi tra i veggenti, da ben dodici anni intenti ad officiare sacrifici
solenni, abili della recitazione del verbo sacro rivelato, onniscienti, insuperabili
nella pratica dell'ascesi, dotati della gnosi che conferisce il distacco, levatisi
in piedi gli resero omaggio. Avendogli chiesto col dovuto rispetto di sedersi
anch'essi si misero seduti e gli si rivolsero così: "O Signore,
figlio di Brahma, quale sarà il mezzo atto a conferirci la salvezza?
Esponicelo dunque". Così interpellato Narada disse loro: "Bisogna
nascere da buona famiglia, e, sottopostisi ai quarantaquattro riti di consacrazione
a partire dall'iniziazione, si dovrebbe studiare, sotto la guida di un maestro
spirituale cui si sia devoti, la scienza sacra quale viene esposta dalla scuola
cui si risulta affiliati. Compiuto in tal modo in capo a dodici anni lo studio
di tutte le branche del sapere, ed avendo in tal periodo soddisfatto il desiderio
di udire la parola sacra e rispettato il codice di condotta del novizio sacerdotale,
improntato alla castità, per i venticinque anni successivi si dovrebbero
seguire le norme che regolano il comportamento del capofamiglia. Per altri venticinque
anni ci si dedichi alla regola di vita di chi si rifugia nella selva per cercarvi
edificazione spirituale. Avendo così rettamente praticato nell'ordine
prescritto la quadruplice regola del noviziato sacerdotale, la sestuplice vita
del capofamiglia, e la quadruplice norma di chi prende rifugio nella selva,
ed avendo adempiuto tutti i doveri che pervengono rispettivamente a questi stati,
si abbracci la quadruplice via della rinuncia al mondo. Il rinunciante che ripudi
il desiderio insieme ad ogni forma di azione, corporea, vocale o mentale, in
quest'universo soggetto alla trasmigrazione, rigettando del pari le impressioni
subconscie che spingono verso la brama di vivere, e sia privo di malizia e fornito
altresì di quiete interiore e mansuetudine, indisturbato nella disciplina
di vita dell'ordine ascetico che prende il suo nome dall'anatra selvatica che
simboleggia ad un tempo l'Assoluto e il principio cosciente, abbandona la sua
spoglia mortale nella contemplazione del modo proprio di essere del suo stesso
Sé. Questi si libera, questi si libera: questo l'insegnamento che vi
impartisco".
Naradaparivrajakopanisad I
INNI E FORMULE MEDITATIVE
Sull'adorabile splendore del divino manifestatore della luce noi meditiamo:
possa egli ispirare i nostri pensieri, lui che è al di là di qualsivoglia
tenebra. Om. Per l'onnisciene Agni ci sia di spremere il sacro succo sacrificale
che consuma il senno dei nostri nemici. Come una barca per permette di attraversare
un fiume possa egli aiutarci a superare ogni avversità, ogni adoriamo
con pratiche sacrificali il Dio dai tre occhi, fragrante accrescitore della
prosperità. Possa egli liberarmi dalla morte e condurmi all'immortalità,
come un cetriolo che vien spiccato dal gambo.
Tripuratapinyupanisad I 1 iii-viii
Te invochiamo, o Signore delle schiere, vate, tu che sei il più celebrato
tra i poeti. A te rendiamo omaggio, decano tra i sovrani, sacerdote che sei
signore dei depositari dei segreti del sacro, degnati di proteggere le nostre
case.
Tripuratapinyupanisad III xxxvi-xxxvii
O vergine di nobile lignaggio, ben ti conosciamo mentre contempliamo miriadi
di formule meditative: possa sempre ispirarci la potenza che sgorga dal circolo
iniziatico.
Tripuratapinyupanisad III xlii-xliii
Dalla Dea sono nati Brahma, Visnu e Rudra. Da Lei hanno origine tutte le schiere
delle semidivinità dell'uragano, i musici e le ninfe celesti e i centauri
che si dilettano a suonare i vari strumenti musicali tutt'intorno. Tutto quello
di cui godiamo è nato da Lei: in una parola, l'universo tutt'intero,
tutto quel che è dotato di potenza. Gli esseri nati dall'uovo, dal sudore,
da un seme o dalla placenta, ciò che in qualunque modo respira, le creature
mobili e quelle immobili e pure l'uomo sono nati da Lei.
Bahvrcopanisad 3 - 11
INTERIORIZZAZIONE DEL SACRIFICIO
Il soggetto conoscente è l'oblatore, la conoscenza è il fuoco
sacrificale, l'oggetto della conoscenza è l'oblazione. La meditazione
centrata sull'identità esistente tra conoscente, conoscenza ed oggetto
conosciuto poi è la venerazione resa alla sacra ruota delle energie.
Bhavanopanisad 15 - 16